L’intelligenza artificiale fa crescere i consumi elettrici delle “Big Tech”

Una recente analisi dei consumi energetici delle grandi aziende attive nel settore informatico ha dimostrato che ormai Google e Microsoft hanno consumi energetici confrontabili con quelli di una nazione di medie dimensioni. Nel corso degli ultimi anni i loro consumi elettrici (e le emissioni di anidride carbonica correlate) sono fortemente cresciuti a causa dell’uso sempre più intensivo dell’intelligenza artificiale (IA). Forse ha ragione Elon Musk quando predice che già nel 2025 non ci potrebbe essere abbastanza energia elettrica (ed acqua) per sostenere il vorticoso aumento dei consumi generato dalla crescita dell’intelligenza artificiale.

Quando Elon Musk rilascia una delle sue dichiarazioni apodittiche bisogna sempre domandarsi cosa abbia fumato prima, ma gli va dato atto che spesso ha dimostrato una capacità di visione non comune. Elon Musk non è stato certamente l’unico a mettere in evidenza i vincoli energetici che limitano il futuro sviluppo dell’intelligenza artificiale, ma le sue recenti dichiarazioni secondo cui già nel 2025 l’IA potrebbe dover “frenare a causa della carenza di energia elettrica (e di acqua necessaria per raffreddare i suoi energivori data center) hanno generato un certo scalpore.

In attesa di vedere se le previsioni di Elon Musk saranno azzeccate, già oggi possiamo comunque dire che lo sviluppo dei sistemi di IA ha prodotto un consistente aumento dei consumi energetici delle principali aziende informatiche. Un recente studio mostra che i consumi annuali di Google e Microsoft ammontano a circa 24 TWh, il consumo di una nazione di medie dimensioni. Per confronto, l’Italia che ha quasi 60 milioni di abitanti consuma annualmente circa 300 TWh di energia elettrica. Google e Microsoft – messe assieme – consumano la stessa quantità di energia elettrica utilizzata da circa 10 milioni di italiani.

(crediti: Michael Thomas)

Ma il dato certamente più preoccupante è legato al forte aumento dei consumi elettrici delle grandi aziende informatiche registrato negli ultimissimi anni, esattamente in coincidenza con la crescita dei sistemi di IA. Tra il 2020 ed il 2023 i consumi elettrici sia di Google che di Microsoft sono sostanzialmente raddoppiati.

Per soddisfare tale crescita ambedue le aziende (e non solo loro!) hanno messo nel cassetto gli ambiziosi progetti di arrivare ad “emissioni zero” entro la fine di questo decennio. In questo momento la priorità è addestrare i sistemi di intelligenza artificiale, anche a costo di aumentare sensibilmente le emissioni di anidride carbonica.

Ovviamente c’è la speranza che lo sviluppo tecnologico futuro possa mitigare la crescita dei consumi che – soprattutto nella fase di addestramento dei sistemi di IA – sono davvero esorbitanti. Qui si pone un problema perché attualmente la leadership tecnologica nei dispositivi necessari per l’addestramento dei sistemi di IA è saldamente nelle mani di Nvidia, che ha saputo brillantemente sfruttare la lunga esperienza acquisita per lo sviluppo di sistemi originariamente sviluppati per il gaming.

Forti di questa posizione, gli USA hanno imposto restrizioni (che probabilmente cresceranno nel prossimo futuro) sulla esportazione dei dispositivi più avanzati di Nvidia verso la Cina ed altri Paesi. In pratica alla Cina si possono vendere solo i dispositivi meno efficienti ovvero quelli che – a parità di prestazioni – necessitano di più spazio e consumano più energia. In pratica, il Governo americano sta cercando di circoscrivere il “limite energetico dell’IA” alla sola Cina, anche se la manovra non è priva di rischi. Qualcuno sostiene che gli USA potrebbero fare la fine del marito che si fece evirare per far dispetto alla moglie!

I limiti posti al mercato cinese faranno perdere a Nvidia una parte significativa del suo fatturato (dato che gli analisti finanziari stanno già inserendo nelle loro valutazioni). Senza contare che potendo vendere i suoi dispositivi più avanzati solo ad un numero limitato di clienti, Nvidia rischia di non riuscire a sostenere adeguatamente i suoi futuri sviluppi (a meno che non riceva consistenti fondi pubblici a sostegno della ricerca più avanzata).

Un ulteriore elemento da considerare è che Nvidia – pur avendo la sua sede centrale a Santa Clara in California – produce gran parte dei suoi componenti a Taiwan, utilizzando gli impianti di TSMC e di altre silicon foundry. Non a caso è bastato che Donald Trump in un suo discorso facesse balenare un possibile calo di interesse nella difesa dell’indipendenza di Taiwan per far scattare un immediato calo della quotazione borsistica di Nvidia.

In questo momento non è chiaro come la Cina reagirà alle limitazioni sulle esportazioni di dispositivi avanzati per l’IA disposte dagli Stati Uniti. Potrebbe cercare di sviluppare un suo approccio autonomo oppure potrebbe decidere di aumentare la tensione con Taiwan rivendicando la sua piena sovranità sull’isola.

Nessuno in questo momento è in grado di fare previsioni affidabili perché le questioni tecnologiche si intersecano strettamente con quelle geopolitiche. L’unica cosa certa è che – almeno nel breve periodo – gli affari migliori li faranno i contrabbandieri di dispositivi elettronici.

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