Il buonsenso ci direbbe che le energie rinnovabili non sono un tema che va affrontato usando gli schemi della politica, ma che dovrebbe essere analizzato – caso per caso – sulla base di oggettive valutazioni di carattere tecnico-scientifico. Purtroppo non è quasi mai così, soprattutto in Italia dove spesso il dibattito viene gestito con sorprendente superficialità e talvolta è inquinato da consistenti interessi di natura privatistica. Un caso tipico è quello della Sardegna dove la presidente di centro-sinistra Alessandra Todde ha bloccato per almeno 18 mesi qualsiasi nuova installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili. La legge regionale sarda è stata impugnata dal Governo nazionale, notoriamente poco incline a sostenere la transizione energetica.
Il caso è ben descritto da un articolo apparso sul quotidiano genovese Il Secolo XIX che racconta anche alcuni interessanti retroscena relativi al vivace dibattito attualmente in corso in terra sarda a proposito dell’installazione di nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (fotovoltaico ed eolico). L’articolo contiene una piccola imprecisione perché la presidente sarda Alessandra Todde non appartiene al Partito democratico, ma è un’esponente 5 stelle, eletta comunque nell’ambito di una coalizione di centro-sinistra di cui fa parte anche il PD.
Forse vi chiederete perché ho citato un quotidiano genovese invece di uno sardo per capire cosa stia succedendo. La questione è molto semplice: il principale editore dei media locali sardi (l’Unione Sarda e Videolina) è un importante costruttore che sembrerebbe interessato alla realizzazione di un progetto per collegare la Sardegna al continente con un metanodotto. Si vorrebbe realizzare un massiccio processo di metanizzazione dell’isola ripetendo una operazione che è avvenuta nel resto d’Italia alcuni decenni fa. Non ci vuole molto a capire che l’economicità di tale progetto è assai dubbia alla luce del recente aumento del costo del metano, soprattutto se la Sardegna disponesse di una abbondante disponibilità di energia elettrica a basso costo prodotta da fonti rinnovabili.
Non a caso da anni su alcuni mezzi di comunicazione sardi è partita una martellante campagna che – facendo leva sull’atavico senso di frustrazione delle popolazioni sarde – presenta i nuovi progetti legati alle energie rinnovabili come l’ennesimo scippo che l’Italia vorrebbe fare a danno della Sardegna. Il sospetto che dietro a tale posizione ci siano anche consistenti conflitti di interesse è lecito.
Nel corso dell’ultima campagna elettorale sarda quasi tutti i partiti hanno tenuto una posizione piuttosto ambigua rispetto ai temi dell’energia rinnovabile. Una volta arrivata al potere, la presidente Todde ha subito fatto approvare una legge che impone una moratoria di 18 mesi sullo sviluppo di qualsiasi nuovo impianto industriale per la produzione di energie rinnovabili. Non è un no definitivo (che esula dalle competenze regionali), ma si tratta comunque di un segnale forte che pone un freno importante ai diversi progetti che erano stati presentati.
Di fronte a questa posizione, il Governo nazionale ha presentato un’istanza di impugnazione della legge regionale. Siamo di fronte ad una sorte di testa-coda politico: le forze di centro-sinistra che si proclamano attente al tema della sostenibilità climatica si oppongono allo sviluppo di qualsiasi nuovo impianto di energia rinnovabile, mentre il Governo centrale di destra – notoriamente attento agli interessi delle grandi società dei combustibili fossili – è diventato il paladino delle energie rinnovabili (almeno in terra sarda!).
Aldilà degli schieramenti politici e dei pesanti conflitti di interesse, bisognerebbe avere il coraggio di affrontare il problema delle energie rinnovabili senza preclusioni ideologiche, badando alla sostanza dei problemi. In particolare, sarebbe utile ricordare che:
- Nessuna fonte di energia è completamente priva di controindicazioni. In questo momento c’è la necessità di accelerare al massimo l’abbandono dei combustibili fossili ed il passaggio verso fonti di energia rinnovabili. Dobbiamo essere consapevoli che tale passaggio non potrà essere del tutto indolore. Bisognerà accettare ragionevoli compromessi che consentano lo sviluppo il più rapido possibile di impianti industriali per lo sfruttamento delle energie rinnovabili soprattutto nelle Regioni (come la Sardegna) che sono naturalmente più vocate per questo tipo di impianti.
- Bisognerà fare – progetto per progetto – una valutazione dettagliata e completa tenendo conto dell’effettivo rapporto costo/benefici. Questo non significa approvare qualsiasi progetto, ma non bisogna neppure cadere in una logica NIMBY che – se applicata su vasta scala – porterebbe alla immediata chiusura di qualsiasi centrale elettrica esistente oggi in Italia (indipendentemente dal fatto che sia alimentata da fonti fossili o rinnovabili).
- Il tema della produzione di energia elettrica non può essere affrontato con una logica regionale. Costruire impianti per la produzione di energia elettrica e le loro strutture di supporto (elettrodotti, depositi, ecc.) non può essere lasciato a valutazioni di carattere localistico perché questo farebbe venir meno il concetto stesso di “unità nazionale“. Ovviamente è giusto pensare ad un sistema di incentivi e di compensazioni finanziarie che premi le Regioni che contribuiscono maggiormente allo sforzo necessario per dotare l’Italia di un sistema energetico che sia il più possibile rispettoso dell’ambiente e del clima e che riduca la dipendenza del Paese dalle importazioni di energia dall’estero.
- In conclusione, ci vorrebbe tanto buonsenso e bisognerebbe adottare criteri di equità che compensino i sacrifici fatti per il bene comune. Mi rendo conto di non essere realista, ma credo che sarebbe davvero necessario che tutte le persone di buona volontà – indipendentemente dal loro credo politico – si attivassero per arrivare a soluzioni rapide e ragionevoli. Se lasceremo che i temi climatici finiscano nel “tritacarne” della politica rischiamo davvero di perdere qualsiasi opportunità di mitigare i danni del riscaldamento globale.
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