Mese dopo mese, i dati rilevati nell’ambito del progetto europeo Copernicus confermano una consolidata tendenza verso l’aumento delle temperature medie globali. Ormai siamo vicini alla soglia di +1,5°C rispetto ai valori medi dell’epoca pre-industriale che era stata fissata dagli accordi di Parigi come limite invalicabile. Di fronte a tali evidenze non si registrano segnali di particolare attenzione da parte dei decisori politici. Anzi cresce la reazione di chi vorrebbe lasciare le cose come stanno, continuando ad immettere nell’atmosfera enormi quantità di gas climalteranti che contribuiranno a peggiorare una situazione già abbastanza critica.
Pur in presenza di significative fluttuazioni, l’estate 2024 si è confermata come un periodo particolarmente caldo se consideriamo l’andamento della temperatura media globale. I dati seguenti si riferiscono all’aumento della temperatura media globale rispetto ai valori registrati nell’epoca pre-industriale (1850-1900) misurati dal 1940 fino ad oggi. I valori relativi ai primi 8 mesi del 2024 sono evidenziati dalla linea rossa, mentre la linea arancione si riferisce ai dati del 2023:
Anche limitando la nostra attenzione ad anni più recenti, si nota un aumento significativo delle temperature. In particolare, se confrontiamo le temperature medie del 2024 con quelle medie del periodo 1991-2020 si nota che quest’anno è stato caratterizzato da valori particolarmente elevati:
Parliamo ovviamente di valori medi globali e quindi l’aumento delle temperature non è stato necessariamente lo stesso ovunque. Inoltre dobbiamo tenere conto del fatto che nel corso dell’ultimo anno c’è stato anche il fenomeno meteorologico del Niño che non ha nulla a che fare con il processo di riscaldamento globale, ma che – ogni circa 7 anni – influenza significativamente l’andamento delle temperature in Centro e Sud America ed in altre parti del pianeta. Pur con tutte le cautele, possiamo comunque concludere che il fenomeno del riscaldamento globale è molto evidente e sta mostrando già i suoi effetti (anche in termini di aumento della frequenza e dell’intensità di fenomeni meteorologici particolarmente intensi).
Un terzo grafico – sempre preso dal sito di Copernicus – ci mostra l’andamento dettagliato delle temperature medie mensili sempre confrontate con il valore medio dell’epoca pre-industriale:
Di fronte a questo stato di cose sembra che l’opinione pubblica europea sia entrata in una condizione di rassegnata indifferenza. A livello politico si nota una forte crescita dei movimenti negazionisti, mentre sale il pressing mediatico sostenuto dalle multinazionali delle energie fossili che vorrebbero trasformare la transizione energetica in una transizione che loro definiscono “sostenibile” (per i loro lauti guadagni, aggiungo io) lasciando sostanzialmente le cose come stanno (fatta salva qualche azione di facciata che in realtà è puro greenwashing).
In tale contesto, preoccupa in modo particolare la situazione della Germania che vede le sue grandi industrie legate a tecnologie tradizionali ormai superate ed in grave affanno a causa della mancanza delle forniture di gas naturale a basso costo proveniente dalla Russia. Nella sua affannosa ricerca del mitico “deficit zero” la Germania non ha fatto gli investimenti necessari sia a livello pubblico che privato ed oggi non riesce ad affrontare la competizione con la Cina e con altri Paesi. Lo scandalo del Dieselgate fu – a suo tempo – un campanello d’allarme che è stato abbondantemente sottovalutato, ma che già 10 anni fa mostrava i grossi limiti delle tecnologie “made in Germany“. Oggi l’economia della Germania arranca e questo frena anche il resto d’Europa.
Purtroppo secondo alcuni la risposta alle difficoltà tedesche e del resto d’Europa si potrebbe trovare imponendo dazi sulle tecnologie importate dall’estero e bloccando la transizione energetica. Sappiamo tutti che l’Europa è troppo piccola per poter invertire – da sola – il fenomeno del riscaldamento globale, ma questo modo di procedere finirà per relegare le imprese europee in un ruolo di marginalità accelerando il declino europeo (che c’è già a partire dal piano demografico).
Spesso sentiamo dire che affrontare la sfida climatica ed investire nello sviluppo di nuove tecnologie amiche dell’ambiente e del clima è una cosa un po’ snob per “ricchi gretini” che hanno soldi da buttare. Io ritengo che non sia così. Credo invece che la transizione energetica ponga sfide importanti, ma offra anche grandi opportunità di sviluppo che andrebbero colte. Speriamo che i decisori politici europei non si facciano abbindolare dalle sirene negazioniste e indirizzino lo sviluppo europeo nella giusta direzione.
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