L’approccio italiano ai disastri climatici: “Si salvi chi può!”

Mentre il duo Meloni-Orsini lanciava messaggi negazionisti sulla crisi climatica lasciando intendere che non avrebbe senso mettere in campo serie politiche per il contenimento delle emissioni di gas climalteranti, il ministro Musumeci – di fronte all’ennesima grave alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e le Marche – prendeva atto che le casse pubbliche sono desolatamente vuote e che in Italia non ci sono più soldi per aiutare le persone colpite dai disastri naturali. Dall’anno prossimo le aziende dovranno obbligatoriamente assicurarsi per proteggersi dai danni provocati dai fenomeni naturali. Secondo Musumeci tale obbligo dovrebbe essere rapidamente esteso a tutti i cittadini. Potremmo chiamarla una tassa climatica e sarà piuttosto costosa. Anche se paradossalmente le imprese assicuratrici non sono affatto entusiaste di doversi prendere carico di tutti questi nuovi clienti.

Nel racconto dei negazionisti climatici si pone molta enfasi sui costi degli interventi necessari per ridurre le emissioni di gas climalteranti mentre si sorvola sul costo dei danni provocati dai fenomeni meteorologici estremi provocati dal riscaldamento globale. Anche se l’aumento delle temperature medie globali è un fenomeno ormai acclarato, i negazionisti climatici fanno finta di niente, lasciando intendere che i danni – se ci saranno – si manifesteranno più avanti negli anni.

La conclusione è che oggi non dobbiamo mettere a rischio il profitto delle nostre industrie tradizionali e che la transizione energetica può attendere.

Purtroppo non è così e come dimostrano gli studi portati avanti dalle principali compagnie assicurative mondiali c’è una stretta correlazione tra l’aumento delle temperature medie globali e l’aumento sia in frequenza che in intensità dei fenomeni meteorologici estremi. D’altra parte l’aumento delle temperature medie globali comporta un aumento dell’energia che viene immagazzinata nell’atmosfera e – soprattutto – nei mari. Quando questa energia viene rilasciata si possono verificare fenomeni meteorologici di forte intensità che producono ingenti danni materiali e spesso provocano anche la perdita di numerose vite umane.

L’alluvione che ha colpito recentemente l’Europa centrale e successivamente le regioni adriatiche italiane (principalmente Emilia-Romagna e Marche) è solo l’ultimo di una lunga serie di eventi disastrosi che hanno gravemente danneggiato il nostro Paese.

Di fronte a questa situazione, il messaggio politico che viene dal Governo è molto chiaro. Potremmo sintetizzarlo con il motto “arrangiatevi!“. Le casse pubbliche sono vuote e non ci sono fondi per aiutare le popolazioni colpite. Aldilà delle penose polemiche politiche e delle vere e proprie forme di sciacallaggio a cui abbiamo assistito in queste ore, l’unica soluzione possibile sembra essere quella di dotarsi di una costosa polizza assicurativa. Si tratta di una sorta di tassa climatica che – a partire dal 2025 – diventerà obbligatoria per le imprese italiane. Tenendo conto che oggi meno del 10% delle aziende italiane ha già stipulato una polizza di tale tipo capiamo che nei prossimi mesi ci sarà un gran fermento nel mercato assicurativo italiano.

Il ministro Musumeci ha già annunciato che vorrebbe estendere l’obbligo assicurativo anche ai privati cittadini, aumentando enormemente l’impatto del provvedimento.

Ingenuamente potremmo pensare che le compagnie assicuratrici attendano entusiaste l’entrata in vigore dell’assicurazione obbligatoria contro i disastri ambientali, ma le cose non stanno esattamente così. Come ho discusso in post precedenti, le assicurazioni sono molto attente agli effetti del riscaldamento globale e sono molto preoccupate per la crescita dei costi legati ai rimborsi. Per coprire i rischi climatici senza mettere a repentaglio la stabilità dei loro bilanci le compagnie assicurative dovrebbero mettere in vendita le loro polizze a prezzi altissimi. Questo creerebbe seri problemi con le imprese e con i comuni cittadini che si troverebbero costretti a sborsare cifre ingenti per ottenere un servizio (rimborso dei danni provocati da disastri naturali) che in passato era sostenuto (sia pure tra mille manchevolezze ed incredibili ritardi) dallo Stato.

Purtroppo le casse dello Stato italiano sono ormai ridotte a condizioni pre-fallimentari (parliamo di 3.000 miliardi di Euro di debito) e le spese pagate per i soli interessi prosciugano le risorse a disposizione per tutte le altre attività dello Stato.

Di fronte a tale situazione, forse la presa di posizione del ministro Musumeci è realistica, ma mi aspetterei che questo Governo avesse il pudore di smettere di dire che “non mette le mani nelle tasche degli italiani“. L’assicurazione obbligatoria contro i disastri naturali sarà – a tutti gli effetti – una nuova tassa.

Nel frattempo assistiamo all’inedito duetto tra un Governo psicologicamente suddito di ENI ed una Confindustria che rappresenta aziende che non riescono a tenere il passo nei settori tecnologici più competitivi. Assieme Governo e Confindustria ci spiegano che la transizione energetica costerebbe troppo e che bisogna dare la precedenza alla crescita economica.

Francamente dubito che un futuro gravato da eventi meteorologici sempre più disastrosi sia particolarmente favorevole per la crescita economica. A meno che nel PIL non vengano conteggiate le spese che si dovranno sostenere per ricostruire tutto ciò che sarà distrutto.

P.S. La proposta del ministro Musumeci ha scatenato l’ira funesta di alcune forze della maggioranza di Governo che si sono dichiarate assolutamente contrarie alla polizza assicurativa obbligatoria, ma si guardano bene dal dire come si potrebbe far fronte ai costi crescenti dei danni provocati dal riscaldamento globale (che – coerentemente – loro negano). Contemporaneamente si è levata la voce del presidente di Confindustria Orsini che se la prende con la polizza assicurativa obbligatoria per le aziende arrivando a minacciare la chiusura delle imprese localizzate nelle zone a rischio idrogeologico o tellurico (praticamente il 90% delle imprese italiane!). Orsini dice che le alluvioni non devono più accadere, ma non dice cosa dovremmo fare per evitarle. Sembra che l’Italia sia piena di persone convinte di vivere nel paese di Bengodi e che non riescono a capire le relazioni di causa-effetto esistenti tra le nostre azioni e le catastrofi di origine climatica. Mala tempora currunt!

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