Secondo il recente rapporto rilasciato da EMBER le emissioni europee di anidride carbonica legate alla produzione di energia elettrica sono calate del 19% rispetto all’anno precedente. Si tratta di un dato molto significativo, attribuibile solo in piccola parte al calo dei consumi industriali causato dal rallentamento dell’economia. C’è stata una forte riduzione nell’utilizzo di combustibili fossili (sia carbone che gas naturale), mentre è cresciuta considerevolmente la produzione da fonti rinnovabili. La tendenza riscontrata nel corso del 2023 è molto incoraggiante anche se non mancano le preoccupazioni per il futuro.
L’anno appena trascorso – oltre a segnare l’uscita dalla fase acuta della crisi energetica che era stata scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina – è stato un anno di svolta per la produzione di energia elettrica “carbon-free” in Europa.
I dati relativi al 2023 sono descritti in un rapporto rilasciato da EMBER (un centro studi – in inglese si direbbe un “think-tank” – che si occupa della transizione energetica ed ha sede a Londra).
Il dato incoraggiante segnalato da questo rapporto è che l’Europa ha confermato – accelerandola – la tendenza a diminuire la quantità di CO2 emessa per ogni kWh di energia elettrica prodotta. Siamo passati dagli oltre 400 g CO2/kWh di inizio secolo ai 230 g CO2/kWh registrati nel 2023. Le emissioni complessive collegate alla produzione di energia elettrica sono quasi dimezzate rispetto al valore di picco osservato nel 2007.
Tale risultato è stato raggiunto grazie all’utilizzo crescente di fonti di energia rinnovabile. In Europa, la produzione 2023 di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata pari al 44% del totale, superando per la prima volta la soglia del 40%. Il 2023 ha visto la fine della siccità che – nel 2022 – aveva colpito l’Europa riducendo drasticamente la produttività degli impianti idroelettrici e di alcune centrali nucleari. Oltre al recupero dell’idroelettrico, nel corso del 2023 si segnala l’entrata in funzione di numerosi impianti fotovoltaici ed eolici. In particolare l’eolico ha visto la crescita in un solo anno di 55 TWh di potenza installata, superando il gas naturale come sorgente per la produzione di energia elettrica.
Ormai le centrali eoliche sono la seconda sorgente di energia elettrica dell’Unione Europea. Davanti c’è solo l’energia nucleare che – pur mostrando una tendenza verso una riduzione della percentuale di consumi coperti – rimane la prima fonte di energia elettrica a livello europeo.
Le centrali termoelettriche alimentate a carbone hanno ridotto i loro consumi del 26% rispetto all’anno precedente, mentre per gli impianti alimentati a gas naturale la riduzione dei consumi è stata pari al -15%. Questo ha prodotto un calo pari al -19% delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle centrali elettriche europee:
Il biennio 2021-2022 era stato caratterizzato da alcune anomalie legate alla ripresa delle attività economiche dopo la fine della pandemia e alla successiva crisi energetica che aveva costretto l’Europa a sostituire precipitosamente gran parte delle forniture di gas naturale provenienti dalla Russia. Questi eventi avevano provocato la rimessa in funzione di numerose centrali termoelettriche a carbone che erano state spente negli anni precedenti. Passata la fase acuta della crisi energetica, stiamo tornando alla “normalità“, ma c’è stata comunque una accelerazione nella transizione verso fonti di energia rinnovabile (solare ed eolica) che ha segnato una vera e propria svolta nel panorama energetico europeo.
Il contributo crescente di solare ed eolico si vede ancora meglio nel grafico seguente dove è mostrato (barre verdi) assieme alle altre forme di energia rinnovabile costituite principalmente dall’energia idroelettrica (barre blu):
Se andiamo ad analizzare la situazione dei diversi Paesi troviamo forti differenze. La Danimarca – con quasi il 60% della sua energia elettrica prodotta da impianti eolici – è il Paese europeo che ha puntato maggiormente sul vento. Irlanda e Portogallo occupano la seconda e la terza posizione. L’Italia è il fanalino di coda, penultima in Europa, seguita solo dalla Bulgaria.
Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, la Grecia ha effettuato forti investimenti diventando – in percentuale rispetto ai consumi – il primo Paese europeo. In questa particolare classifica Ungheria e Spagna occupano le altre posizioni del podio. Malgrado le condizioni climatiche particolarmente favorevoli, l’Italia occupa solo la settima posizione. L’ultimo Paese per potenza solare installata è la Svezia, come facilmente comprensibile per ovvie motivazioni di carattere climatico.
Il dato economicamente rilevante è che ormai i costi di produzione degli impianti eolici o fotovoltaici possono essere vantaggiosi rispetto a quelli delle centrali termoelettriche alimentate a carbone o a gas naturale. A differenza di quanto accadeva alcuni anni fa, non c’è più bisogno di incentivi pubblici per sostenere la diffusione di queste forme di energia rinnovabile. I consumatori sono invogliati a farlo semplicemente perché risparmiano rispetto all’uso dei combustibili fossili, indipendentemente da qualsiasi valutazione di carattere ambientale o climatico.
Paradossalmente, siamo arrivati alla situazione in cui i negazionisti climatici che sono contrari alle energie rinnovabili per “partito preso” finiranno per spendere di più rispetto a chi passa con convinzione alle energie rinnovabili.
Ovviamente bisogna tenere conto del fatto che eolico e solare da soli non bastano perché non danno garanzia di continuità nella produzione. Dal punto di vista stagionale, le 2 fonti energetiche tendono a compensarsi, ma ci possono essere comunque periodi più o meno lunghi durante i quali ambedue le sorgenti producono poco. Per ovviare a questo limite bisogna disporre di un sistema che consenta di accumulare l’energia prodotta in eccesso nei momenti di basso consumo per utilizzarla quando la produzione è inferiore rispetto alla richiesta.
Finché il contributo di solare ed eolico è percentualmente limitato (indicativamente meno del 20% dei consumi totali) si può pensare di bilanciare la rete di distribuzione dell’energia facendo interventi strutturali limitati, ma se si supera tale soglia le cose diventano molto più complicate.
Questo ci fa capire che non è scontato che nei prossimi anni si riesca a mantenere il ritmo di crescita delle energie rinnovabili osservato nel 2023. In alcuni casi siamo ormai arrivati a livelli tali da richiedere una vera e propria rivoluzione delle reti di distribuzione. Solo se ci saranno questi interventi potremo sperare di continuare a crescere con lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda il livello totale di energia elettrica prodotta in Europa, il 2023 ha fatto registrare un calo pari al -3,4% rispetto al 2022 (e al -6,4% rispetto al 2021). Il dato è stato influenzato sia dai programmi di risparmio energetico (in parte forzati dalla crisi energetica), sia dal rallentamento dell’economia europea. Per i prossimi anni si prevede un forte aumento dei consumi legato alla auspicata ripresa economica, ma soprattutto alla progressiva elettrificazione dei nostri consumi (utilizzo crescente di auto elettriche, pompe di calore, piani di cottura ad induzione, soluzioni informatiche ad elevata intensità di calcolo basate sull’intelligenza artificiale, ecc.).
Concludo questa mia breve presentazione del rapporto EMBER con alcuni dati specifici dell’Italia. Nel Bel Paese i consumi 2023 pro-capite di energia elettrica sono stati pari a 5,3 MWh, più o meno lo stesso livello della Spagna, sotto alla media EU (6,1 MWh). Il dato italiano mostra mediamente un lieve calo dal 2010 in poi. Non è chiaro se tale andamento possa essere attribuito ad una maggiore attitudine al risparmio energetico o sia invece indice di una situazione economica particolarmente debole con percentuali di sviluppo intorno allo “zero-virgola“.
Quello che non va bene è che l’Italia emetta più anidride carbonica rispetto alla media europea per ogni kWh di energia elettrica prodotta. Il dato italiano misurato pro-capite è uguale alla media europea, ma solo perché – come ricordato precedentemente – i consumi pro-capite sono inferiori rispetto alla media europea.
Questo significa che in Italia usiamo ancora troppi combustibili di origine fossile per produrre l’energia elettrica che consumiamo. Uno sforzo maggiore – valorizzando in particolare fotovoltaico ed eolico – sarebbe quanto mai opportuno per ridurre le nostre emissioni di anidride carbonica e per renderci meno dipendenti dalle forniture energetiche provenienti dall’estero.
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