L’inesistente industria nucleare italiana

Questa è la stagione dei bilanci societari. Stiamo attraversando un momento di euforia dei mercati finanziari caratterizzato da annunci di utili crescenti da parte delle aziende. In tale contesto, spicca in negativo la performance di Ansaldo Energia che – al suo interno – contiene la divisione Ansaldo Nucleare. Il bilancio 2023 ha fatto registrare un fatturato di 1,1 miliardi di Euro a fronte del quale c’è stata una perdita di ben 228 milioni. Il nucleare “made in Italy” è – almeno per il momento – una voragine mangia soldi.

Ansaldo Energia è una società che ha fatto la storia dell’energia in Italia e non solo. Chi di voi avesse avuto l’opportunità di visitare la più vecchia centrale elettrica delle cascate del Niagara forse ricorderà la turbina Ansaldo che fa bella mostra di sé nella sezione storica dell’impianto.

Attualmente Ansaldo Energia è principalmente dedicata alla costruzione di turbine per centrali elettriche (che spaziano dalle centrali termoelettriche fino a quelle idroelettriche e nucleari). Ansaldo Energia ha assorbito al suo interno anche Ansaldo Nucleare, la sezione dedicata alla costruzione di componenti per centrali nucleari che ha visto drammaticamente calare il suo fatturato dopo il referendum abrogativo del nucleare fatto in Italia nel 1987. C’è infine una piccola sezione che si occupa della costruzione di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno.

Ormai da molti anni i bilanci di Ansaldo Energia mostrano numeri in profondo rosso. Il dato relativo al 2023 (1,1 miliardi di euro di fatturato) è inferiore rispetto all’anno precedente (1,2 miliardi nel 2022) malgrado il forte aumento dell’inflazione. Ma quello che preoccupa di più è la perdita: ben 228 milioni pari a circa il 20% del fatturato. Se Ansaldo Energia non fosse saldamente in mano pubblica (è controllata da CDP Equity) avrebbe portato da tempo i libri in tribunale.

Ansaldo Energia sopravvive in attesa di tempi migliori grazie ai continui apporti di capitale conferiti dalla sua controllante pubblica. Tale scelta è legata alla sua potenziale rilevanza strategica e a motivi di ordine sociale (la sua chiusura andrebbe ad incidere pesantemente sul mercato del lavoro di alcune zone che già vivono diverse forme di criticità socio-economica).

Una speranza di rilancio – almeno temporaneo – si era palesata qualche anno fa quando si decise di chiudere tutte le centrali a carbone presenti in Italia trasformandone alcune in centrali termoelettriche a gas. La crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina ha bloccato tutto. Per un periodo (fortunatamente) breve abbiamo riattivato le vecchie centrali a carbone, preoccupati di non riuscire a produrre abbastanza energia elettrica durante l’inverno 2022-23.

La crisi energetica è ormai rientrata, ma non sappiamo se i vecchi programmi di riconversione delle centrali a carbone saranno ripresi in considerazione. Nel frattempo Ansaldo Energia “vivacchia” ricorrendo frequentemente alla cassa integrazione per i suoi dipendenti e firma “protocolli di intesa” per lo sviluppo di futuribili nuove centrali nucleari.

Almeno in linea di principio, Ansaldo Energia dovrebbe essere il punto di riferimento delle competenze tecnologiche italiane per il settore nucleare, ma a quasi 40 anni dal referendum abrogativo queste competenze si sono ormai quasi completamente perse. Quando agli inizi degli anni ’70 ero un giovane fisico a Genova, Ansaldo era un vero attrattore per coloro che erano interessati a lavorare nel settore nucleare. Molti miei compagni di corso fecero quella scelta, ma ormai quella generazione di fisici ed ingegneri è andata in pensione e non è stata adeguatamente sostituita.

Se oggi volessimo far ripartire il nucleare in Italia bisognerebbe ricostituire in Ansaldo Energia (ed in altre aziende che hanno seguito un parabola industriale simile) tutte le competenze perdute. Questo richiederà tempo e – soprattutto – investimenti che mal si conciliano con lo stato disastroso delle finanze societarie.

Chi parla di “nucleare made in Italy” spacciando per tale l’acquisto di centrali “a scatola chiusa” da fornitori esteri ripete slogan privi di senso che servono solo a fare propaganda politica di corto respiro.

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