La notizia che Tesla avrebbe rinunciato a sviluppare il suo nuovo modello di auto elettrica caratterizzato da prezzi “popolari“ (meno di 25 mila US$) – anche se parzialmente smentita – segna una importante battuta d’arresto per quello che è stato fino a poco tempo fa il più grande produttore mondiale di auto elettriche. Ormai i concorrenti cinesi hanno la strada spianata per assumere una posizione dominante nel mercato internazionale delle auto elettriche. Le conseguenze – sia sul piano geopolitico che su quello climatico ed ambientale – potrebbero essere rilevanti. Ma non è detto che – alla fine – le cose non possano andare diversamente.
La notizia che Tesla avrebbe rinunciato a sviluppare il suo nuovo modello di auto elettrica caratterizzato da prezzi “popolari” ha suscitato ampia eco a livello internazionale. Il patron di Tesla Elon Musk si è affrettato a smentire la notizia, ma non è stato molto convincente. Confrontando varie fonti d’informazione, sembra di capire che la Tesla “low cost” non vedrà la luce come prodotto per il grande pubblico, ma che comunque il lavoro di sviluppo portato avanti fino ad oggi non sarà buttato perché costituirà la base su cui costruire i cosiddetti “robotaxi“, taxi senza conducente che Tesla conta di presentare entro pochi mesi a partire da oggi.
A quanto pare, nulla potrà fermare l’avanzata dei concorrenti cinesi, con il colosso BYD pronto a scalzare Tesla dal podio di primo produttore mondiale di auto elettriche e numerose altre case automobilistiche in grado di produrre veicoli a costi molto più competitivi rispetto a quelli che escono dalle fabbriche dei produttori americani ed europei.
Nel frattempo si osserva a livello internazionale – India esclusa – un certo rallentamento nell’acquisto di auto elettriche. Ciò è dovuto in gran parte alla riduzione dei generosi incentivi pubblici che hanno stimolato gli acquisti nel corso degli ultimi anni. Ma c’è anche – soprattutto nella fascia di clientela meno ricca – l’attesa per modelli a costi ridotti che induce molti a rimandare l’acquisto di un’auto nuova, tenendosi stretta la vecchia auto dotata di motore a combustione interna.
Le speranze di molti potrebbero andare deluse perché dopo la recente rinuncia di Tesla non è detto che – almeno nei Paesi occidentali – i modelli elettrici “low cost” arriveranno davvero. L’avanzata dei produttori cinesi potrebbe essere bloccata alzando i dazi ed inventando prescrizioni tecniche pensate non tanto per garantire l’effettiva sicurezza dei clienti, ma soprattutto per minare la competitività dei produttori stranieri.
Quale possa essere l’esito finale di questo scontro nessuno lo può prevedere. In un mondo caratterizzato da conflitti diffusi, non si vede alcun vantaggio nella nascita di nuovi motivi di attrito tra la Cina ed i Paesi occidentali. C’è la quasi certezza che un freno alle importazioni di veicoli elettrici cinesi possa scatenare misure di ritorsione volte a limitare le nostre esportazioni europee in Cina.
Lo scontro sulle auto elettriche potrebbe dare il colpo di grazia alla già traballante politica di globalizzazione facendo innalzare le barriere tra i principali mercati internazionali. Il passo successivo, soprattutto in Europa, sarebbe fatalmente quello di rimandare sine-die la transizione verso l’auto elettrica. Rischiamo di tenerci ancora per molto tempo i nostri inquinanti motori a combustione interna e pazienza se continueremo ad ammorbare l’aria dei nostri centri abitati e a produrre ingenti danni climatici.
Eppure l’idea dei robotaxi – che molti hanno classificato come un escamotage inventato da Elon Musk per non ammettere di aver dovuto cedere di fronte alla concorrenza cinese – potrebbe rivelarsi meno sciocca rispetto a quanto potrebbe apparire a prima vista.
In fondo andiamo – soprattutto in Europa – verso una società che sta rapidamente invecchiando, con pochi giovani che – tra l’altro – hanno un atteggiamento verso l’automobile molto diverso rispetto a quello dei loro genitori o dei loro nonni. Per moltissimi giovani l’auto non è più lo status symbol su cui investire molto denaro, ma solo un mezzo per spostarsi (una specie di monopattino elettrico evoluto). Molti di loro – specialmente quelli che vivono nelle grandi città – invece di acquistare un’auto preferiscono affittarla per il tempo strettamente necessario. Sono clienti ideali per i robotaxi che – oltre a portarli dove desiderano – potranno venirli a prenderli sotto casa e non gli faranno perdere tempo per trovare un parcheggio o una colonnina per la ricarica.
Senza contare che una crescente fascia di popolazione “diversamente giovane” probabilmente non potrà più avere la patente di guida e – sia pure con qualche diffidenza – potrebbe imitare i più giovani e chiamare un robotaxi quando ha bisogno di spostarsi.
In un sol colpo, risolveremo il problema dei parcheggi e quello dei taxi che non si trovano mai. Almeno all’interno dei grandi centri urbani, il mercato dei robotaxi ci potrebbe essere e forse anche questa volta Elon Musk ha fiutato l’affare.
Va tuttavia sottolineato che molti si sono domandati cosa avesse fumato Elon Musk prima di dichiarare che i suoi robotaxi potranno diventare operativi entro qualche mese a partire da oggi.
I veicoli in grado di muoversi su strada in forma autonoma sono una tipica applicazione dell’intelligenza artificiale e sono oggetto di sperimentazione (soprattutto negli USA) ormai da molti anni. Ricordo – tra l’altro – che le tecniche di guida autonoma integrale (senza autista umano) sono “native” delle auto a trazione elettrica e sono molto difficilmente integrabili in un’auto dotata di motore a combustione interna (i cui tempi di reazione sono troppo lenti per poter essere adeguatamente gestiti da un sistema di guida autonoma integrale).
Le sperimentazioni sviluppate nel corso degli ultimi anni hanno fornito risultati contrastanti e proprio in questi giorni le agenzie di stampa riportano la notizia che Tesla ha concordato di pagare un risarcimento milionario a favore degli eredi di un suo cliente morto in un incidente stradale perché si era fidato un po’ troppo del sistema a guida autonoma della sua model X.
La via della sperimentazione è irta di ostacoli, ma l’obiettivo finale non è lontano. In prospettiva le auto a guida autonoma saranno mediamente molto più sicure rispetto a quelle tradizionali (non c’è pericolo che il guidatore artificiale si addormenti al volante o guidi sotto l’effetto di alcol o droga, senza contare che – una volta standardizzate – le auto a guida autonoma potranno dialogare in tempo reale tra di loro e con la strada in modo da prevenire possibili incidenti). Il nodo ancora non ben risolto è quello dei pedoni, “oggetti” che per i sistemi di guida artificiale appaiono ancora largamente imprevedibili.
Pochi mesi fa, negli Stati Uniti è stato temporaneamente bloccato un grande programma di verifica su strada di veicoli a guida autonoma, perché uno di tali mezzi aveva ucciso un pedone che – subito prima – era stato urtato da un’auto guidata da un autista umano. Il malcapitato era stato rimbalzato cadendo proprio davanti al veicolo a guida autonoma che non l’ha riconosciuto, travolgendo definitivamente.
Sono cose che – purtroppo – accadono quotidianamente con le auto tradizionali, ma giustamente quando un incidente coinvolge un veicolo a guida autonoma le Autorità di controllo intervengono per sviscerare tutti gli aspetti della questione. Qualche giorno fa, la sperimentazione è ripresa, ma questa volta a bordo dei veicoli a guida autonoma ci sarà anche un umano in veste di “car sitter” pronto (si spera) ad intervenire nel caso in cui si verifichino situazioni anomale.
Molto probabilmente non succederà entro pochi mesi come auspicato da Elon Musk, ma possiamo ragionevolmente pensare che nel corso dei prossimi anni i sistemi a guida autonoma potranno raggiungere un ampio livello di affidabilità, diventando lo standard di riferimento per la mobilità.
Se questa ipotesi sarà verificata, la battaglia commerciale per l’auto elettrica non sarà più incentrata – come succede oggi – sulla capacità di costruire batterie migliori ed a prezzi più contenuti, ma si sposterà fatalmente verso le componenti hardware/software che gestiranno la guida autonoma. Sarà una battaglia con obiettivi completamente diversi rispetto a quelli attuali. Non a caso, gli Stati Uniti stanno da tempo bloccando l’esportazione verso la Cina di taluni dispositivi elettronici necessari per la gestione di applicazioni di intelligenza artificiale (tra cui rientra – come ricordato precedentemente – anche la guida autonoma) e stanno facendo ponti d’oro (finanziamenti a fondo perduto di miliardi di dollari) per convincere i grandi produttori di Taiwan a spostare negli Stati Uniti le fabbriche destinate alla realizzazione dell’elettronica più avanzata.
In conclusione, il grande gioco tra i produttori che puntano ad assumere la leadership del mercato automobilistico mondiale è solo all’inizio e ci attendono ancora molte sorprese. In questo scenario, l’Europa arranca trascinandosi dietro il fardello dei suoi vecchi motori a combustione interna e rischia di perdere ulteriori posizioni. Lo scenario più probabile è quello di un lungo declino: il vecchio continente potrebbe diventare un semplice punto di assemblaggio per veicoli progettati altrove, senza una reale capacità di incidere sulle nuove tecnologie.
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