Oggi, a margine della presentazione dei dati semestrali di Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana, c’è stato uno specifico intervento dedicato ai costi crescenti delle polizze che coprono i danni generati dai fenomeni meteorologici estremi la cui frequenza ed intensità ha registrato un significativo aumento. Alla fine i costi del riscaldamento globale si fanno sentire e le assicurazioni hanno ben chiaro che questo rischia di mettere a repentaglio i loro futuri bilanci. Il messaggio è in netto contrasto con quello dei negazionisti climatici secondo cui “d’estate ha sempre fatto caldo ed i temporali ci sono sempre stati“.
Quando si discute di riscaldamento globale molti hanno la sensazione che i danni provocati da tale fenomeno siano – almeno per il momento – alquanto limitati e che il problema possa eventualmente riguardare solo un futuro più o meno lontano. Questo induce le persone ad assumere una posizione attendista: poiché i sacrifici da fare per limitare le emissioni sono certi ed immediati, mentre i danni sono eventuali e futuri non c’è motivo per attivare politiche di contenimento delle emissioni di gas serra. Meglio aspettare e vedere cosa succederà.
Purtroppo la situazione reale è già piuttosto compromessa. Ciò è stato dimostrato dagli studi di numerose compagnie assicuratrici. L’aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi meteorologici avversi legati all’aumento delle temperature globali ha una incidenza pesante ed immediata sui loro bilanci.
Oggi, nell’ambito della presentazione dei dati semestrali, i vertici di Generali Assicurazioni hanno affrontato anche questo problema. Ecco cosa ha dichiarato il group general manager Marco Cesana:
C’è poi un aspetto esterno al gruppo che è destinato a contare sempre di più con il passare del tempo. Il cambiamento climatico trasforma banali eventi atmosferici in calamità naturali dall’intensità e ricorrenza imprevedibili. E’ un tema sempre più importante a cui nel nuovo piano stiamo pensando di dedicare un approccio specifico. Come sempre, partiamo dai nostri clhienti, pensando a che tipo di value proposition possiamo strutturare per loro. C’è poi un tema di coperture tecniche che diventano più rilevanti e uno di mercato riassicurativo, che in questo momento non vediamo. L’idea, come già detto dal gruppo in passato, è che ci sia spazio per una partnership pubblico-privato per trovare un giusto equilibrio e creare un mercato che funzioni per tutti.
Aldilà del linguaggio felpato tipico delle discussioni di “alta finanza“, il discorso che emerge è molto chiaro. Lo traduco in termini un po’ più “terra-terra“: i rischi sono sempre più elevati e non possiamo coprirli solo aumentando i costi delle polizze pagate dai nostri clienti. Bisogna che lo Stato intervenga finanziando le compagnie assicurative con fondi pubblici.
Qualcuno potrebbe bollare la proposta come una riedizione del vecchio slogan “gli utili ai privati ed i costi allo Stato!“, ma in realtà il problema esiste. Le compagnie di assicurazione non fanno beneficenza, ma operano per ottenere un utile. Si può discutere su quale sia un livello equo dei loro guadagni e sulle tasse che sono tenute a pagare, ma se i costi superano sistematicamente gli incassi le compagnie assicurative sono destinate fatalmente al fallimento.
Chi si illude di fronteggiare i danni provocati dal riscaldamento globale ricorrendo alle polizze assicurative potrebbe ritrovarsi entro pochi anni con un’arma spuntata. Per rendervene conto provate a chiedere il costo di una polizza per coprire i danni che la grandine potrebbe causare alla vostra auto e confrontatela con quanto pagavate 10 anni fa per lo stesso tipo di copertura. Il prezzo della polizza è cresciuto enormemente e non accenna a mostrare segni di rallentamento.
L’alternativa suggerita dai manager di Generali è quella di calmierare i costi delle polizze da danni ambientali, ma di coprire una parte dei rimborsi pagati dalle assicurazioni tramite fondi pubblici.
Il problema vero è dove trovare i fondi pubblici necessari per sostenere un tale intervento. Qualcuno potrebbe ritenere che sia meglio far pagare di più chi usa una grande quantità di combustibili fossili piuttosto che le incolpevoli vittime dei disastri naturali causati dal riscaldamento globale. Si potrebbe pensare di trovare almeno una parte dei fondi necessari applicando una tassa sui voli dei jet privati, sulle auto di grande cilindrata (non elettriche) e sulle imbarcazioni di lusso, ma poi qualcuno vi accuserebbe di voler “far piangere i ricchi” e non se ne farebbe niente.
Una alternativa sarebbe quella di ridurre drasticamente gli incentivi pubblici che ancora ci sono per sostenere alcuni combustibili di origine fossile, ma anche in questo caso si andrebbero ad intaccare privilegi consolidati che in un Paese corporativo come il nostro sono inattaccabili.
In generale, temo che l’attuale Governo – acriticamente appiattito sulle posizioni di ENI e degli altri signori del fossile – non sarebbe molto sensibile all’idea di usare la leva fiscale per trasferire ricchezza dai grandi sperperatori di energie fossili alle vittime degli eventi meteorologici estremi. Temo che noi poveri sudditi dovremo rassegnarci a pagare polizze assicurative sempre più costose.
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