Perché salgono le bollette dell’energia elettrica?

La crisi energetica legata alla riduzione del flusso di gas naturale in arrivo dalla Russia sta facendo salire alle stelle non solo il costo del metano, ma anche quello dell’energia elettrica. Quale è la relazione che esiste tra i 2 prezzi e quale è l’effetto della speculazione?

Tutti i giorni leggiamo di attività economiche grandi e piccole messe in ginocchio dall’aumento dei costi dell’energia elettrica. In un territorio come il Trentino-Alto Adige che consuma mediamente solo la metà dell’energia elettrica che produce la cosa sa di beffa. Viene allora spontaneo chiedersi quale sia la vera ragione di questi aumenti e – soprattutto – se una parte di questi aumenti sia stata innescata da vere e proprie speculazioni.

Per capire come stanno le cose dobbiamo vedere cosa succede a livello nazionale. Usiamo i dati relativi ai consumi lordi di energia elettrica in Italia distribuiti da Terna riferiti all’anno 2019 (i dati del 2021 non sono ancora disponibili, mentre quelli del 2020 sono stati pesantemente influenzati dagli effetti della pandemia):

Tipo di sorgenteConsumi lordi 2019 (GWh)%
Gas naturale141.68742,9
Rinnovabili e biocarburanti115.84735,1
Importazioni dall’estero 38.14111,6
Carbone 18.8395,7
Altri combustibili 12.1923,7
Petrolio 3.4531,0
Totale330.159
Consumi lordi di energia elettrica in Italia suddivisi sulla base delle sorgenti energetiche utilizzate. I dati si riferiscono all’anno 2019 (Fonte dati: Terna)

Notiamo che l’Italia non produce tutta l’energia elettrica di cui ha bisogno, ma ne importa una quantità corrispondente a poco più del 10% dei consumi. Si tratta in gran parte di energia elettrica prodotta da centrali nucleari collocate in prossimità dei confini italiani. Dubito che, in caso di incidente, il fall-out radiattivo di queste centrali si fermerebbe alla frontiera!

Circa il 43% della energia elettrica consumata in Italia è prodotta bruciando metano. Questo rende il nostro Paese particolarmente fragile e lo espone maggiormente agli effetti dell’aumento del prezzo. Va comunque detto che il prezzo pagato per il metano dai produttori di elettricità non è quello del mercato di Amsterdam che sentiamo ogni giorno nei telegiornali. Per fortuna le centrali termoelettriche sono alimentate sulla base di contratti a lungo termine, anche se c’è comunque un effetto di salita dei prezzi che si sta propagando a macchia d’olio.

Le cose vanno decisamente meglio se consideriamo i dati europei. Qui di seguito riporto i dati relativi alla produzione dell’anno 2021 distribuiti da Eurostat:

Tipo di sorgenteProduzione 2021 (GWh)%
Rinnovabili e biocarburanti 1.060.42437,1
Nucleare 731.51325,4
Gas naturale 580.24120,1
Carbone 422.53514,7
Petrolio 47.459 1,6
Altri combustibili 31.922 1,1
Totale 2.883.094
Produzione di energia elettrica in Europa durante il 2021 suddivisa secondo le fonti di energia utilizzate (Fonte dati: Eurostat)

Quello che balza agli occhi confrontando il dato italiano con quello della media europea è la mancanza in Italia del contributo del nucleare (che in realtà c’è, ma solo in modo indiretto tramite le importazioni di energia dai Paesi vicini). Si nota anche un minore contributo complessivo delle produzioni termoelettriche. In particolare, il ricorso al gas naturale – come media europea – è circa la metà rispetto al dato italiano, mentre c’è un uso più intensivo del carbone. L’Italia, da sola, ha consumato circa 1/4 dell’intero ammontare del gas naturale utilizzato in Europa per la produzione di energia elettrica.

Ci sono Paesi fortunati come la Svizzera che producono energia elettrica usando quasi esclusivamente impianti idroelettrici e nucleari e quindi – oltre ad avere emissioni zero – non si devono preoccupare troppo dell’aumento del costo del metano (questo vale soprattutto per i cittadini svizzeri che scaldano le loro abitazioni con una pompa di calore).

Riassumendo, l’Italia si trova particolarmente esposta all’aumento del costo del metano anche per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, mentre il dato medio europeo è meno critico.

Ciò premesso, vediamo come è cresciuto il prezzo dell’energia elettrica in Italia. Come riferimento prendiamo il cosiddetto prezzo PUN (Prezzo Unico Nazionale), ovvero quello del mercato all’ingrosso nazionale. Se guardate le offerte dei vari fornitori che operano sul mercato libero, troverete che il prezzo per l’utente è il PUN a cui si aggiunge un sovrapprezzo che ogni operatore fissa con i suoi specifici criteri (ricordando che al costo dell’energia vera e propria si sommano altri costi fissi o variabili che contribuiscono a determinare la spesa complessiva indicata nelle bollette):

Andamento del prezzo PUN dell’energia elettrica da gennaio 2020 fino a luglio 2022

Notiamo che il minimo è stato registrato a maggio 2020 in corrispondenza con la sospensione di molte attività a causa della pandemia. Ma se osserviamo il prezzo medio fino all’inizio del 2021 possiamo dire che oscillava intorno a 50 Euro/MWh. Dalla primavera del 2021, in coincidenza con la fine della fase più critica della pandemia e ben prima che la Russia aggredisse l’Ucraina, il prezzo dell’energia elettrica in Italia è iniziato a salire. Nel mese di luglio 2022 era pari a 450 Euro/MWh, 9 volte il valore di inizio 2020. Ulteriori aumenti sono previsti per il prossimo autunno.

In pratica il prezzo dell’energia elettrica in Italia ha seguito pedissequamente la crescita del prezzo del gas quotato alla Borsa di Amsterdam che – come ben sappiamo – copre volumi percentualmente ridotti ed è influenzato da enormi effetti di natura speculativa (su cui l’Europa non ha ancora avuto il coraggio di agire).

Attualmente il prezzo del metano ad Amsterdam oscilla intorno ai 300 Euro/MWh, ma se guardiamo al mercato internazionale i prezzi sono decisamente più bassi. Ad esempio, il gas importato dagli Stati Uniti con le navi metaniere costa meno di 40 Euro/MWh incluse le spese di liquefazione, trasporto e rigassificazione (ammesso e non concesso che l’Italia si sbrighi ad installare i rigassificatori).

A parte gli effetti di pura speculazione e ricordando – come già scritto sopra – che i gestori delle centrali termoelettriche acquistano il gas sulla base di contratti a lungo termine ed attualmente lo pagano ancora ad un prezzo medio inferiore rispetto ai picchi osservati recentemente alla Borsa di Amsterdam, bisognerebbe tenere conto che il metano serve per produrre il 40% circa della energia elettrica consumata in Italia e che i produttori che non usano metano (ad esempio quelli che gestiscono centrali idroelettriche) non hanno certamente osservato un’impennata dei costi simile a quella fatta registrare dal gas naturale.

C’è quindi un problema di determinazione del prezzo dell’energia elettrica che non può seguire automaticamente il prezzo del gas naturale e c’è il problema di identificare (e tassare adeguatamente) gli extra-profitti fatti da chi opera sul mercato della energia elettrica.

Alla luce delle precedenti considerazioni, la situazione del Trentino-Alto Adige risulta ancora più paradossale. Noi consumiamo appena la metà dell’energia idroelettrica prodotta nelle 2 Province autonome ed i costi di produzione dell’energia idroelettrica non hanno certamente avuto una crescita analoga a quella del metano. Eppure paghiamo – come tutti gli italiani – bollette aumentate fino a 9 volte rispetto all’inizio del 2020.

Sarebbe estremamente utile che in Piazza Dante chi di dovere si svegliasse e cercasse di fare qualcosa. Si potrebbe – ad esempio – restituire ai cittadini una parte degli extra-profitti fatti da Dolomiti Energia che – lo ricordo – è una società a controllo pubblico.

Risposte a “Perché salgono le bollette dell’energia elettrica?”

  1. Avatar Da Italia Today
    Da Italia Today

    Fortemente attesa è invece la riunione di emergenza sul caro bollette dei ministri dell’energia dell’Unione Europea, prevista per giovedì 9 settembre: si discuterà su come rompere la spirale inflazionistica legata al caro energia; è attesa la decisione sul disaccoppiamento (DECOUPLING) del prezzo del gas da quello dell’elettricità, ma soprattutto sul PRICE CAP, ovvero il tetto dei prezzi. 

  2. Avatar Da Italia Today
    Da Italia Today

    Due mesi di smart working per tutti:
    l’ipotesi per l’autunno

    Una delle possibili principali novità allo studio riguarderebbe i lavoratori del pubblico impiego: potrebbe scattare un periodo di smart working per tutti i dipendenti in caso di emergenza massima sul fronte energetico. Il tema del lavoro da casa è totalmente assente dalla campagna elettorale. Tutte le novità, tra indiscrezioni e certezze

    A.Maggiolo – 31 agosto 2022

    In questa legislatura il Parlamento non ha approvato alcuna riforma dello smart working. Siamo fermi alla legge del 2017, prima del Covid. Un’altra epoca.

    Più smart working per tutti i dipendenti pubblici per affrontare l’emergenza del gas: in questi giorni si prende in considerazione ogni possibile contromossa e, oltre alle insegne spente e alla riduzione del riscaldamento, c’è anche questa ipotesi sul tavolo del governo e in special modo del ministro Roberto Cingolani, che lavora al suo decreto ministeriale sui risparmi. Si punta evitare il più possibile razionamenti per le aziende e per le famiglie.

    E’ allo studio un piano di interruzioni volontarie concordate, con la possibilità di compensazioni economiche per le imprese, a partire da quelle energivore (chimica, vetro, acciaio, ceramica).

    L’ipotesi di 2 mesi di smart working generalizzato

    Una delle possibili principali novità per l’autunno riguarderebbe i lavoratori del pubblico impiego: potrebbero scattare 2 mesi di smart working per tutti i dipendenti in caso di emergenza massima sul fronte energetico. Scartata invece l’ipotesi dello smart working a rotazione.

    Siamo nella campo delle indiscrezioni, mentre ci sono più certezze su un altro versante. Smart working per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni fino al 31 dicembre. Lo prevede l’emendamento del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, al decreto legge Aiuti bis.

    Un emendamento di fatto blindato dal momento che la copertura per i lavoratori del settore pubblico sarebbe garantita da fondi propri del ministero.

    L’annuncio arriva alla vigilia del ritorno in presenza per tutti, da domani primo settembre, in assenza di accordi aziendali o individuali, e che permette alle imprese di guadagnare altri 4 mesi per trovare la formula ideale. 

    Secondo alcune nuove stime, su 18 milioni di dipendenti, potrebbero lavorare in modalità agile tra i 6,5 e gli 8 milioni di italiani. Oggi sono circa 4,5 milioni, ma prima della pandemia erano appena 600mila.

    Sarà poi compito del nuovo governo trovare una forma di stabilità in materia, rendendo strutturale il lavoro agile per genitori e fragili.

    Il Politecnico di Milano ha calcolato in uno studio ripreso oggi dalla Stampa che con il 50% di orario di lavoro in presenza in ufficio, solo per il viaggio casa-posto di lavoro, i lavoratori risparmierebbero circa 2mila euro l’anno, mentre per le imprese l’ottimizzazione degli spazi avrebbe impatti economico finanziari di rilievo

    Il Politecnico di Milano, in termini di sostenibilità ambientale, stima minori emissioni per circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2, pari all’anidride carbonica che potrebbero assorbire 51 milioni di alberi.

  3. Avatar Intanto, in Basilicata
    Intanto, in Basilicata

    Il Post – 25 agosto 2022

    In Basilicata non si paga il gas

    Una legge regionale prevede che alle famiglie venga rimborsato totalmente, grazie alle forniture agevolate derivanti dalle estrazioni

    Il presidente della Basilicata, Vito Bardi (di Forza Italia), ha firmato una legge regionale che di fatto consentirà ai residenti nella regione di avere gas gratis nei prossimi mesi, come contromisura al considerevole aumento dei costi dell’energia avvenuto nell’ultimo anno.

    La legge è stata approvata a metà agosto dal Consiglio regionale e prevede: «L’erogazione gratuita mediante rimborso della componente energia del prezzo del gas fornito per le utenze domestiche dei residenti della Regione Basilicata, delle pubbliche amministrazioni regionali, esclusi gli enti pubblici economici e le società partecipate, e degli enti locali regionali».

    Il rimborso interessa la voce “materia gas” presente in bolletta, quindi il gas che effettivamente viene consumato da ogni utenza familiare, mentre il pagamento dei costi relativi agli oneri di sistema, alla gestione del contatore e al trasporto continueranno a essere a carico dei singoli utenti.

    La Regione ha stimato che in questo modo gli importi delle bollette dovrebbero dimezzarsi.

  4. Avatar Un esempio dal Veneto
    Un esempio dal Veneto

    Caro energia, bollette triplicate nelle case di riposo del Nord Est. Rischio stangata per le rette degli assistiti

    In Veneto le rette delle case di riposo (sono 346 e ospitano 35.588 anziani) rischiano un aumento di 400 euro al mese, proprio a causa del caro-bollette.

    Giovanni Di Prima, direttore dell’azienda per i servizi alla persona Umberto I di Pordenone: “Ci troviamo di fronte a costi costi spropositati, con inevitabili criticità di bilancio. Su eventuali aumenti delle rette decideremo in ottobre”

    La prima casa di riposo che in Veneto ha sollevato il problema delle bollette energetiche e, conseguentemente, dei rischi di dover alzare le tariffe, è stata Villa Belvedere di Crocetta del Montello, a una ventina di chilometri da Treviso. Subito dopo averla ricevuta, il presidente Marco Tappari ha sventolato la bolletta dell’energia elettrica di luglio, praticamente triplicata rispetto a quella dello stesso mese del 2021. Un salasso da 28mila 346 euro, di cui circa 23mila per i costi della fornitura e 5mila di Iva, se rapportato ai 9.872 euro di un anno fa.

    Anche nel ricco Nordest il caro-consumi avrà effetti pesanti su uno dei settori assistenziali già martoriati dall’emergenza Covid e la vicenda di Crocetta contiene elementi simili a quelli di praticamente tutte le strutture.

    “Rateizzate le bollette di luglio e agosto” è stata la richiesta inviata a Enel energia. “L’addebito – ha scritto l’economo Roberto Marta – risulta essere più che triplicato a causa delle ormai note anomalie e speculazioni del mercato. E tutto ciò nonostante i consumi siano leggermente inferiori”. Poi il riferimento alla normativa governativa che consente tale opportunità ad aziende e famiglie. La casa di riposo non ha intenzione di pagare la bolletta entro il termine previsto del 9 settembre, per questo ha chiesto come sospendere l’addebito automatico, scadenzando i nuovi pagamenti.

    Non trattandosi di attività commerciale, la prospettiva è drammatica. “Le uniche nostre entrate sono le rette degli ospiti. Non abbiamo entrate diverse. Dovremmo aumentare le rette di 15 euro al giorno, danneggiando gli anziani e le loro famiglie? Non è corretto caricare le famiglie di ciò di cui dovrebbe occuparsi la politica”.

    Giuseppe Pietrobelli | 4 settembre 2022 – Il Fatto Quotidiano

    1. Avatar Davide Bassi

      Il problema c’è per tutti e per questo – a mio avviso – è essenziale fare 2 cose: a) sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del metano in modo da non riportare sui costi dell’elettricità il 100% degli aumenti speculativi del metano e b) vedere quale è il costo effettivo del metano con cui si produce energia elettrica in Italia (circa 40% del totale) che non è necessariamente elevato come quello del mercato di Amsterdam (ad esempio, chi ha contratti di fornitura del metano a lungo termine agganciati al prezzo del petrolio attualmente ha prezzi abbastanza stabili e molto inferiori ai valori di Amsterdam). Insomma bisogna veder bene quali sono i costi reali dell’energia e intervenire sul mercato per mitigare l’effetto delle speculazioni.
      Anche agendo così ci saranno comunque degli aumenti del prezzo dell’elettricità significativi rispetto all’anno scorso. Lo Stato dovrà intervenire per aiutare chi ha più bisogno, secondo un principio di equità.

  5. Avatar Da Il Post
    Da Il Post

    La pessima estate delle centrali idroelettriche

    Il calo della produzione di energia dovuto alla siccità è stato significativo e ha avuto conseguenze notevoli sulle politiche energetiche.

    Nelle ultime settimane gli impianti della centrale idroelettrica di Isola Serafini, nel comune di Monticelli, tra le province di Piacenza e Cremona, sono stati accesi soltanto per brevi periodi perché la portata del fiume Po non è sufficiente a garantire la produzione di energia idroelettrica. Per la centrale di Isola Serafini, come per moltissime altre centrali idroelettriche in Italia, è stata un’estate pessima: la produzione è rimasta ferma o comunque molto limitata dall’inizio di luglio a causa della grave siccità che ha interessato soprattutto le regioni del nord.

    La diminuzione della produzione è stata certificata da Terna, l’operatore che si occupa della gestione delle reti per la trasmissione dell’energia elettrica. Da gennaio ad agosto sono stati prodotti 20.981 gigawattora (GWh) di energia elettrica da impianti idroelettrici contro i 34.105 nello stesso periodo dello scorso anno: il calo è stato del 38,5%.

    La siccità e il conseguente calo dell’energia elettrica prodotta incidono in modo significativo sulle politiche energetiche italiane in un periodo di crisi dovuto alle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina.

    Nel mese di agosto, infatti, l’energia prodotta da fonti rinnovabili ha coperto soltanto il 35% del fabbisogno totale contro il 42% dello scorso anno. A fronte di un calo della produzione delle centrali idroelettriche, non c’è stata una crescita significativa di eolico e fotovoltaico.

    Avere una buona quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili avrebbe consentito al governo di limitare ulteriormente il consumo di gas per la produzione di energia elettrica in seguito alla riduzione delle forniture russe e al conseguente aumento dei prezzi. Molte centrali elettriche italiane, infatti, utilizzano il gas per la loro produzione.

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