Nucleare alla francese: molte più spine che rose

La notizia che il Governo francese intende nazionalizzare la compagnia elettrica Edf non è una sorpresa. Gli oltre 50 reattori nucleari che producono il 70% dell’energia elettrica francese sono impianti di seconda generazione, ormai prossimi al punto di obsolescenza. I fermi sono sempre più frequenti e c’è un sensibile aumento dei costi di manutenzione. C’è un unico reattore di terza generazione, ma è ancora in costruzione e continua ad accumulare ritardi. Senza un diretto intervento dello Stato, Edf rischia il fallimento e la Francia rischia di rimanere al buio.

In questo momento di grave crisi energetica, la situazione della Francia parrebbe essere al riparo da gravi ripercussioni almeno per quanto riguarda la produzione di energia elettrica. La Francia è tra i grandi Paesi europei quello che ha sposato con più convinzione la scelta nucleare. Nel 2021 quasi il 70% dell’energia elettrica francese è stata prodotta con reattori nucleari a cui si aggiunge un 22% circa di energia prodotta da fonti rinnovabili. Il ruolo delle centrali termoelettriche è minoritario con un contributo degli impianti termoelettrici alimentati a gas naturale che copre solo il 6% circa della produzione totale.

Un sogno rispetto ai numeri italiani (42% della produzione realizzato con gas naturale) che dovrebbe fare della Francia un’isola felice. Eppure la situazione francese è molto meno rosea di quanto possa apparire a prima vista.

Le ragioni delle difficoltà francesi sono legate al fatto che il grosso degli investimenti in nuovi impianti nucleari sono stati fatti negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Si tratta di impianti che originariamente erano stati progettati per funzionare per un periodo di 40 anni, successivamente esteso a 50-60 anni. Ma i materiali esposti per molti anni a radiazione subiscono fenomeni di danneggiamento strutturale che costringono i tecnici Edf a frequenti ed onerosi interventi di manutenzione straordinaria.

Sarebbe come circolare con un’auto che ha già accumulato 300 mila chilometri: non basta cambiare periodicamente l’olio. Spesso si rompe qualcosa, l’auto è costretta ad una sosta forzata ed il conto del meccanico cresce.

All’inizio di questo secolo, Edf iniziò la costruzione di una nuova centrale di terza generazione (a sicurezza intrinseca) che sarebbe dovuta entrare in funzione nel 2014. Ad oggi, la costruzione non è ancora terminata a causa di una serie incredibile di problemi che hanno costretto Edf a rimandare l’avvio della centrale numerose volte (l’ultima previsione fatta per la data di effettivo avvio è metà 2023). I continui rinvii hanno comportato anche una esplosione dei costi che sono più che triplicati rispetto alla stima iniziale.

Preso atto di questa situazione, il Governo francese ha deciso di ritirare Edf dalla quotazione di Borsa. Intanto dovrà spendere una decina di miliardi di Euro per comprare il 16% delle quote societarie che attualmente sono possedute da privati (il restante 84% è sempre rimasto in mano allo Stato) e subito dopo dovrà attivare un piano poliennale di investimenti per ricostruire la rete dei reattori nucleari francesi. L’investimento previsto ammonta complessivamente ad alcune centinaia di miliardi. I circa 50 reattori di seconda generazione attualmente in funzione dovranno essere progressivamente disattivati ed essere sostituiti con impianti di terza e (in futuro) quarta generazione.

Agli investimenti necessari per costruire i nuovi reattori si aggiungeranno le spese ingentissime che serviranno per smantellare i vecchi reattori che non possono essere semplicemente spenti e lasciati lì come un qualsiasi impianto industriale dismesso. La parte centrale degli impianti, più esposta al bombardamento di neutroni, è ormai costituita da materiali con un elevato tasso di radioattività che devono essere smaltiti in appositi siti.

La storia francese ci insegna che quando si valuta il costo dell’energia nucleare, bisogna sempre tenere conto non solo dei costi di costruzione e di esercizio dei reattori, ma anche di quelli collegati al loro smantellamento finale e allo smaltimento delle scorie radioattive.

Personalmente sono favorevole ad un utilizzo futuro dell’energia nucleare anche in Italia. Un certo numero di impianti nucleari (meglio se di quarta generazione) servirebbero per garantire la continuità produttiva nell’ambito di un sistema energetico che dovrà fare un uso crescente delle energie rinnovabili.

Bisogna stare attenti quando di parla dell’energia nucleare come di una “fonte energetica a basso costo. Non basta guardare ai costi di esercizio degli impianti nucleari. I conti bisogna saperli fare e tenere conto di tutti i costi, diretti ed indiretti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.