Usiamo la luce solare per far crescere le piante o per produrre energia fotovoltaica?

In tutto il mondo c’è una chiara tendenza ad aumentare l’uso di pannelli solari fotovoltaici per produrre energia elettrica. Talvolta le centrali fotovoltaiche di ampie dimensioni possono entrare in rotta di collisione con le esigenze dell’agricoltura perché sottraggono luce solare che sarebbe necessaria per le coltivazioni. Un compromesso è possibile, purché si riesca a utilizzare nel modo più razionale possibile l’energia proveniente dal Sole.

I pannelli solari fotovoltaici rappresentano una fonte di energia rinnovabile, caratterizzata da costi competitivi e non soggetta a ricatti di natura geopolitica (ammesso e non concesso che l’Italia si doti degli impianti industriali necessari per costruirli). Il loro uso è certamente destinato a crescere nel corso dei prossimi anni, sia per il limitato impatto climatico (dovuto solo ai processi di costruzione e di smaltimento finale degli impianti), sia per la flessibilità d’uso. Tuttavia quando si esce dalla dimensione tipica dell’autoconsumo e si costruiscono vere e proprie centrali elettriche solari, nasce il problema dello spazio occupato dai pannelli.

Se volessimo fare del solare fotovoltaico la sorgente principale dell’energia elettrica in Italia dovremmo ricoprire con pannelli solari almeno il 2% del territorio nazionale (alcune stime che tengono conto del calo di produzione tipico della stagione invernale si spingono fino al 5% del territorio). In linea di principio potremmo pensare di ricoprire i tetti di gran parte degli edifici, ma non sempre la forma, l’altezza e l’orientamento degli edifici esistenti sono ottimizzati rispetto allo scopo.

Una soluzione possibile sarebbe quella di ricoprire terreni destinati ad uso agricolo, ma in questo modo si dovrebbe rinunciare a coltivarli perché – senza luce diretta – le piante non crescerebbero in modo adeguato.

Una soluzione alternativa è quella di costruire centrali solari galleggianti da installare su superfici lacustri. Questo tipo di approccio (recentemente provato anche in Trentino) ha molti vantaggi, ma può generare un serio impatto sull’ecosistema lacustre (senza la luce solare si blocca la produzione di fitoplancton e di piante acquatiche, con il rischio di alterare pesantemente lo stato delle acque e della fauna acquatica). Per non parlare dell’impatto paesaggistico che è tutt’altro che trascurabile.

Una possibile soluzione al dilemma “agricoltura/energia fotovoltaica” è stata proposta da Voltiris, una piccola società svizzera che è una start-up del prestigioso Politecnico federale di Losanna (EPFL). L’idea parte dall’osservazione che le piante – per crescere – non usano tutta la radiazione solare, ma solo una parte di essa. In effetti, la maggior parte delle piante ci appaiono di colore verde proprio perché non assorbono la componente verde della radiazione solare (compresa tra circa 500 e 600 nm), ma la riflettono. Lo spettro di assorbimento delle piante è pressoché nullo anche nella zona del vicino infrarosso (NIR) dove invece i pannelli solari costruiti con silicio monocristallino mostrano un massimo di efficienza.

La soluzione proposta dalla società svizzera – sviluppata per essere applicata nelle serre – è basata sull’uso di specchi dicroici, speciali dispositivi ottici che riflettono una parte della radiazione solare mentre fanno passare le altre componenti. Grazie a questi specchi la radiazione solare viene suddivisa in 2 parti: le componenti verde e del vicino infrarosso (NIR) vengono riflesse, concentrandole, verso i pannelli fotovoltaici, mentre quelle rosse e blu vengono lasciate passare e vanno ad illuminare le aree coltivate.

Di fatto, le piante ricevono solo le componenti della radiazione solare che possono assorbire, mentre i pannelli fotovoltaici producono solo circa il 65% dell’energia elettrica che potrebbero fornire se ricevessero l’intera radiazione solare.

Per compensare la perdita di efficienza dei pannelli fotovoltaici, gli specchi dicroici ed i pannelli fotovoltaici sono montati su un dispositivo che insegue il Sole durante la giornata, ottimizzando la capacità di raccolta. Dati alla mano, pur potendo disporre solo di una parte della radiazione solare, i pannelli solari orientabili dotati di inseguitore producono, nell’arco della giornata, più o meno la stessa energia elettrica per unità di superficie che sarebbe stata fornita da un pannello fisso illuminato con tutto lo spettro solare:

L’immagine, tratta dal sito di Voltiris, mostra la produzione di energia elettrica di un loro pannello solare dotato di inseguitore solare (colore verde) confrontata con quella di un pannello fisso esposto a tutta la radiazione solare (colore grigio)

L’idea è brillante anche se – almeno per il momento – non è stata ancora completamente sviluppata, soprattutto per impianti di grandi dimensioni. Ma se si riuscisse a gestire in modo equilibrato il flusso di energia proveniente dal Sole, non è detto che le future centrali fotoelettriche debbano essere necessariamente costruite a spese delle coltivazioni agricole.

In tempi di crisi energetica, con molte aziende agricole messe in crisi dagli alti costi dell’energia, tecnologie come quella proposta da Voltiris potrebbero rivelarsi molto interessanti, soprattutto nei territori del nostro Paese dove sono molto diffuse le coltivazioni in serra (specialmente nel Centro-Sud dove la radiazione solare incidente è decisamente superiore rispetto al Nord del Paese).

Risposta a “Usiamo la luce solare per far crescere le piante o per produrre energia fotovoltaica?”

  1. Avatar Intervista a cura di Smart City, Radio24
    Intervista a cura di Smart City, Radio24

    SMART CITY – 22 marzo 2021
    Agro-voltaico: i conti tornano

    …in una torrida giornata estiva, anche le piante più avvezze al sole soffrono. Che la parziale ombreggiatura offerta dalle moderne tecnologie agro-voltaiche potesse offrire più vantaggi che svantaggi, era dunque plausibile, ma oggi questa tesi può godere della solidità dei dati offerti da uno studio svolto “sul campo” proprio in Italia.

    Le analisi hanno preso in esame alcuni campi sperimentali realizzati in Pianura Padana grazie a una tecnologia sviluppata in Italia, che permette di realizzare tenso-strutture leggere – senza utilizzo di cemento – e minimamente invasive, in grado di ospitare i pannelli foto-voltaici sulla volta ad altezza di 5 metri, e lasciando al di sotto tutto lo spazio necessario ai macchinari agricoli per lavorare e fornendo un’ombra che non è sempre negativa. Anzi.

    I risultati dello studio, pubblicati su Applied Energy, hanno dimostrato che la convivenza tra agricoltura e fotovoltaico non solo non penalizza, ma addirittura avvantaggia, in media, la produttività agricola, permettendo quindi un reale risparmio di terreno.

    Negli anni di stress idrico la produzione di mais è maggiore sotto questi pannelli, orientabili ad inseguimento del Sole, che lasciano invariata la superficie destinata all’agricoltura.

    Ospite di Maurizio Melis è Alessandro Agostini, scienziato ambientale, ricercatore del Dipartimento di Tecnologie energetiche e Fonti rinnovabili dell’ENEA.

    Si veda anche: Alessandro Agostini nel suo intervento “Agro-voltaico: conciliare agricoltura ed energia solare è possibile”:

    https://www.youtube.com/watch?v=2Nzl6plT5T8

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