Un recente articolo apparso su Nature descrive i risultati raggiunti da un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge (UK) volti a realizzare “foglie artificiali” in grado di assorbire l’energia solare, trasformandola in combustibili rinnovabili (idrogeno o syngas). Il tutto avviene utilizzando – oltre alla radiazione solare – acqua e, quando si produce syngas, l’anidride carbonica presente nell’atmosfera.
L’idea di sviluppare dispositivi artificiali che siano in grado di realizzare processi di fotosintesi simili a quelli delle foglie risale a più di 1 secolo fa, ma – almeno fino ad oggi – è sempre rimasta relegata nel cassetto dei sogni.
Tutte le proposte hanno fallito rispetto al tema della scalabilità. In parole povere, per poter avere un qualche interesse pratico, le tecnologie devono essere riproducibili su vasta scala tramite processi industriali semplici, poco costosi ed affidabili.
Un gruppo dell’Università di Cambridge impegnato ormai da molti anni su questo tema di ricerca, ha recentemente pubblicato su Nature un articolo nel quale si dimostra che la strada verso la costruzione di foglie artificiali potrebbe diventare presto realizzabile.
Ricordo che per essere definito una “foglia artificiale” un dispositivo deve integrare al suo interno sia i componenti necessari per catturare la luce solare trasformandola in energia elettrica, sia i catalizzatori necessari per usare questa energia facendo avvenire le reazioni chimiche a cui siamo interessati. Nel caso dei dispositivi sviluppati dal gruppo di ricerca britannico, i prodotti chimici finali possono essere idrogeno prodotto partendo dall’acqua, oppure syngas (miscela di H2 e CO) prodotto partendo da acqua ed anidride carbonica.
Grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche, sembra ora possibile realizzabile dispositivi che siano affidabili e facilmente scalabili (producibili su dimensioni estese) esattamente come serve per poter pensare a soluzioni che abbiano un reale impatto a livello pratico.
Questi dispositivi sono costituiti da fogli sottili e flessibili che galleggiano su superfici acquatiche da cui prelevano l’acqua che serve per alimentare i processi chimici che avvengono al loro interno. In particolare, si sta pensando di utilizzarli installandoli sulla superficie di bacini d’acqua che alimentano siti industriali oppure di canali di irrigazione.
La presenza di queste foglie artificiali (che ricordano vagamente quelle delle ninfee) servirebbe anche a limitare le perdite d’acqua che avvengono per evaporazione.
Non tutti i problemi sono stati risolti (a cominciare da quello dei costi di produzione), ma sembra che finalmente siamo avviati sulla buona strada. Dopo oltre 100 anni dalle sue pionieristiche previsioni, il sogno del prof. Giacomo Ciamician sembra essere sempre più vicino a diventare realtà.
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