La nostra esistenza dipende da un sistema di reti estremamente fragile

Quando si parla di reti, tutti pensiamo istintivamente ad Internet. In realtà la nostra esistenza dipende da una molteplicità di reti che vanno ben oltre a quelle associate alla distribuzione delle informazioni. I sistemi di distribuzione dell’energia elettrica, le costellazioni di satelliti, i gasdotti, gli acquedotti, le fognature, le autostrade e le ferrovie sono altri esempi di reti di fondamentale importanza per la nostra esistenza. Eventi naturali, azioni terroristiche o guerre possono facilmente mettere fuori uso queste reti, provocando danni potenzialmente enormi per la vita di tutti noi.

Se siete persone ansiogene vi consiglio di non leggere questo post. Gli eventi di questi mesi vi avranno già allarmato abbastanza, senza che vi spieghi quanti e quali altri problemi potrebbero nascere in futuro.

Le cronache degli ultimi giorni riportano la notizia del danneggiamento dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 avvenuto nel Mar Baltico. Al momento si possono fare solo ipotesi sull’entità dei danni, mentre non sappiamo ancora nulla sui responsabili di quello che, con ogni probabilità, sarebbe un atto terroristico.

Poche decine di chili di esplosivo piazzati nel posto giusto possono bastare per apportare seri danni alle tubazioni sottomarine che collegano i pozzi di metano russi al Nord Europa. Dal punto di vista del “rendimento” un attentato perfetto: un attacco tutto sommato limitato può provocare danni enormi.

Dal punto di vista pratico, cambia poco perché Nord Stream 2 non è mai entrato in funzione, mentre Nord Stream 1 era stato chiuso a partire dallo scorso mese di agosto per volontà della Russia. Ma l’effetto psicologico e l’impatto speculativo sul mercato europeo del gas sono stati enormi e questo ci fa capire quanto siano fragili le reti di distribuzione del metano basate sui gasdotti.

È praticamente impossibile presidiare ogni chilometro delle lunghe condutture che collegano i Paesi produttori con quelli consumatori, specialmente nei tratti che attraversano mari a grande profondità. Compiere un attentato a tali strutture non è un gioco da ragazzi, ma neppure un’impresa impossibile.

In attesa di capire qualcosa di più sugli avvenimenti del Mar Baltico, vale la pena di ricordare che la nostra esistenza dipende criticamente dal funzionamento di una serie di reti grazie alle quali produciamo e scambiamo energia, informazioni, acqua e cibo e che queste reti sono caratterizzate da una incredibile fragilità. Aldilà degli incidenti e dei guasti accidentali, ci sono molte altre cause che possono bloccarle.

Forse avrete sentito parlare del cosiddetto “Evento di Carrington“, la tempesta solare avvenuta nel lontano 1859 che prende il nome dall’astronomo inglese Richard Carrington che osservò in tempo reale le macchie solari che – poche ore dopo – sarebbero state seguite da una serie di eventi straordinari osservati in varie località terrestri.

Aldilà delle aurore boreali osservate a latitudini inconsuete (anche in Italia) i danni alle infrastrutture furono tutto sommato lievi. Nel 1859 l’unica rete esistente era quella del telegrafo a filo. Lo straordinario flusso di particelle cariche proveniente dal Sole era troppo elevato per essere completamente deviato dal campo magnetico terrestre e provocò la fusione di una parte delle linee telegrafiche e l’incendio di numerose centraline. Allora non c’erano ancora i sistemi di produzione e distribuzione dell’energia elettrica o i sistemi di telecomunicazione che fanno parte della nostra esistenza.

Se un evento simile si ripetesse oggi (non sappiamo quando, ma prima o poi accadrà) i danni arrecati ai nostri sistemi di distribuzione dell’energia elettrica sarebbero potenzialmente enormi, per non parlare di quello che succederebbe alla rete dei satelliti per telecomunicazioni e alle antenne radio. Anche i pannelli solari posti sui tetti delle nostre case rischierebbero di “arrostire.

Se può calmare la vostra ansia c’è da dire che – a differenza di quanto accadde nel lontano 1859 – oggi il Sole è un osservato speciale, sia per mezzo di osservatori astronomici basati a Terra che grazie ad appositi satelliti. Di fronte ad un evento come quello osservato da Carrington avremmo a disposizione circa 20 ore per mettere in sicurezza le parti più critiche delle nostre centrali elettriche, delle reti di distribuzione dell’energia e dei sistemi di telecomunicazioni basati a terra. Molti dei satelliti attualmente in orbita rischierebbero comunque di essere messi fuori uso e con essi salterebbero anche i nostri sistemi di navigazione satellitare.

Per ognuna delle reti che oggi noi utilizziamo ci sono rischi specifici che possono essere collegati ad eventi naturali (tempeste solari, alluvioni, terremoti) o ad atti di aggressione (terrorismo o vere e proprie guerre). Ogni Paese dovrebbe avere piani specifici per affrontare questo tipo di eventi, avendo lo scopo di limitare i danni e soprattutto di ripristinare nel più breve tempo possibile la funzionalità delle reti danneggiate.

Sul fatto che la nostra povera Italia sia effettivamente preparata per affrontare queste potenziali criticità mi permetto di esprimere qualche dubbio, ma forse sono solo un inguaribile pessimista.

È importante che questo tema sia adeguatamente considerato quando si discute di decarbonizzazione della produzione di energia elettrica. Ad esempio:

  1. Una centrale idroelettrica con gli impianti localizzati all’interno di una montagna è una sorgente di energia molto affidabile (a meno che qualcuno non lanci razzi contro le dighe dei bacini idroelettrici come sta succedendo in Ucraina) e, se staccata dalla rete nel momento più critico di una possibile tempesta solare, potrebbe ricominciare a funzionare senza problemi subito dopo l’esaurimento della tempesta.
  2. Un sistema di produzione dell’energia molto sbilanciato verso l’uso diffuso di pannelli fotovoltaici potrebbe andare in grande crisi in caso di eventi simili a quello accaduto nel 1859, ma – grazie alla sua natura distribuita – sarebbe molto meno esposto al rischio di attacchi terroristici o bellici (a meno che Putin non ci tiri in testa una bomba atomica, ma in tal caso “i problemi sarebbero ben altri“).

In conclusione, anche la vulnerabilità delle reti di produzione e distribuzione dell’energia è uno dei parametri da considerare attentamente quando si programmano le grandi scelte energetiche. Altrimenti si rischia di investire ingenti capitali per costruire sistemi che potrebbero andare in tilt dall’oggi al domani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.