Le notizie che arrivano da Bruxelles mostrano un’Europa divisa e confusa nell’affrontare la crisi energetica. Tedeschi e olandesi si sono opposti all’imposizione di un prezzo massimo europeo per il gas e la Germania ha stanziato 200 miliardi di Euro per aiutare cittadini ed imprese ad affrontare i maggiori costi dell’energia durante i prossimi 3 anni. L’Italia, nel suo piccolo, ha già investito 60 miliardi per uno scopo simile, mentre Spagna e Portogallo vanno per la loro strada, grazie alla disponibilità di rigassificatori che rendono i 2 Paesi indipendenti dalle forniture di gas russo. Insomma, di fronte ai problemi, assistiamo al solito “liberi tutti“.
L’atteggiamento dei diversi Paesi europei nei confronti della crisi energetica è caratterizzato da un approccio fortemente individualistico. Ciascuno cerca di cavarsela a modo suo, anche se questo può avvenire a discapito dei Paesi vicini. In particolare:
- La proposta di Mario Draghi volta ad affrontare il problema delle forniture di gas metano con un approccio unitario europeo sembra destinata a rimanere lettera morta. I Paesi Bassi – spalleggiati dalla Germania – si oppongono in nome del “libero mercato“, ma in realtà cercano di trarre il massimo vantaggio finanziario dal fatto che il mercato di Amsterdam determina la quotazione europea del gas naturale. Il fatto di disporre di abbondanti riserve naturali di gas pone il Paese in una sorta di “botte di ferro“. Il gas non manca mentre gli speculatori di Amsterdam guadagnano miliardi a palate (e pagano tasse irrisorie).
- La Germania ha deciso di fare per conto suo stanziando ulteriori 200 miliardi di Euro per sostenere cittadini ed aziende rispetto agli extra-costi generati dalla crisi energetica durante i prossimi 3 anni. Anche se non fosse considerato formalmente un “aiuto di Stato“, l’enorme nuovo stanziamento tedesco (che si somma a circa 60 miliardi di Euro già spesi) rappresenta comunque un intervento atto a stravolgere la concorrenza europea. In pratica, si tratta di un finanziamento agli speculatori che d’ora in avanti potranno contare sul ricco mercato tedesco per vendere il loro gas a prezzi assurdamente alti.
- “Chi è senza peccato scagli la prima pietra“: anche l’Italia ha già deciso unilateralmente di stanziare 60 miliardi di Euro per ridurre i costi energetici dei suoi cittadini (oggi il prezzo alla pompa della benzina in Italia è tra i più bassi a livello europeo).
- La Francia si è schierata per porre un tetto al prezzo del gas, ma cerca di sfruttare questa crisi per aumentare i guadagni della sua disastrata industria nucleare.
- Spagna (e Portogallo) hanno posto un limite al prezzo del gas utilizzato per la produzione dell’energia elettrica. Come ho spiegato in un post precedente, più che di un prezzo massimo di mercato si tratta di una sorta di prezzo amministrato. Il modello spagnolo non è facilmente trasferibile perché attualmente – tra i grandi Paesi europei – solo la Spagna può liberamente rivolgersi al mercato internazionale del gas naturale liquefatto grazie alla disponibilità di una efficace rete di rigassificatori (che in Italia stiamo faticosamente cercando di mettere in funzione).
La lista potrebbe continuare. C’è un grande caos che offre ampi margini di guadagno non solo alla Russia, ma anche ad altri Paesi come, ad esempio, Stati Uniti, Norvegia e Paesi Bassi e mette a rischio l’economia e la stessa stabilità sociale di numerosi altri Paesi europei.
La proposta di Mario Draghi si ispirava a quanto fatto per i vaccini anti-Covid e realisticamente teneva conto del fatto che alcuni fornitori (non solo la Russia) avrebbero potuto cercare di forzare la mano, riducendo le forniture di gas all’Europa se il tetto al prezzo del gas fosse stato ritenuto troppo basso. Ma Mario Draghi non è uno sprovveduto e conosce molto bene le logiche del mercato e soprattutto quelle degli speculatori internazionali.
L’Europa è il più grande importatore di gas naturale esistente al mondo: nessun fornitore di buon senso ha interesse a lucrare su un momentaneo aumento di prezzo di natura esclusivamente speculativa, ma è più sensibile all’idea di instaurare rapporti di lungo periodo che garantiscano un adeguato flusso finanziario, stabile nel tempo.
Stabilire un prezzo massimo ha senso se l’Europa si muove con una voce sola e se suddivide al suo interno le eventuali carenze di fornitura che si potrebbero verificare nel breve periodo. Esattamente come accadde con i vaccini, ma evidentemente gli interessi economici che sono dietro al mercato dell’energia sono troppo grandi e le logiche egoistiche dei singoli Paesi hanno avuto il sopravvento.
In pratica, ci stiamo comportando come quando – all’inizio della pandemia – ciascun Paese andava per conto suo a cercare le (allora) introvabili mascherine, facendone salire il prezzo alle stelle.
In questo mare di pessimismo, una piccola buona notizia arriva dall’Italia. Grazie alla tempestiva azione di Draghi e Cingolani e malgrado la forte riduzione dei flussi di gas provenienti dalla Russia, in questo momento di gas in Italia ce n’è in abbondanza. I depositi riempiti per oltre il 90%, i sistemi di riscaldamento invernale ancora chiusi, i risparmi dei singoli utenti e la riduzione di talune attività industriali particolarmente energivore hanno determinato un forte calo della domanda.
Nel corso degli ultimi giorni il prezzo del metano all’ingrosso in Italia (in gergo, quotazione Psv) è sceso fino a circa 80 Euro/MWh, mentre il prezzo ad Amsterdam (in gergo, quotazione Tft) oscilla intorno a 200 Euro/MWh. L’Italia è diventata una esportatrice netta di metano. D’altra parte, con i depositi ormai quasi pieni, il gas che arriva dall’estero o viene consumato oppure si deve esportare.
Si tratta di una situazione assolutamente effimera, destinata ad esaurirsi non appena saranno avviati i riscaldamenti invernali, ma questo dato ci fa capire quanto sia elevata la componente speculativa del prezzo del gas e come il mercato di Amsterdam giochi un ruolo distorsivo del mercato.
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