Autobus ad idrogeno: qualcosa si muove!

Gli autobus ad idrogeno hanno ormai superato la fase sperimentale e rappresentano un’alternativa concreta per la mobilità sostenibile. Recentemente Industria Italiana Autobus (IIA) ha annunciato un accordo con la portoghese CaetanoBus (società controllata dal gruppo Toyota) per la costruzione in Italia – su licenza CaetanoBus e Toyota – di autobus ad idrogeno. Rispetto agli autobus tradizionali, i mezzi alimentati ad idrogeno producono rilevanti benefici sia per l’ambiente che per il clima, purché la loro diffusione sia accompagnata da una adeguata produzione di idrogeno “verde“.

Struttura di un autobus elettrico dotato di celle a combustibile (fuel stack) alimentate ad idrogeno. I serbatoi dell’idrogeno (caricati con una pressione massima pari a 350 bar) sono posti sul tetto dell’autobus. (crediti: immagine CaetanoBus)

Quella di Toyota oggi è probabilmente la tecnologia più avanzata per lo sviluppo di mezzi di trasporto alimentati ad idrogeno. Il cuore del sistema di trazione è costituito da uno o più motori elettrici, alimentati tramite la corrente prodotta da celle a combustibile che sfruttano la reazione tra idrogeno ed ossigeno.

Un autobus dotato di questa motorizzazione ha una autonomia di 400 km ed un tempo di carica del combustibile inferiore a 10 minuti. I dati sono simili a quelli di un autobus dotato di motore diesel, alimentato a gasolio.

Rispetto ad un autobus a gasolio, l’autobus ad idrogeno è caratterizzato dall’assenza di emissioni che vadano ad impattare sull’ambiente o sul clima. Di fatto è un autobus elettrico, con la differenza che invece di far ricorso ad una batteria che deve essere periodicamente ricaricata, un autobus ad idrogeno produce l’energia elettrica di cui ha bisogno tramite le celle a combustibile. L’unico scarico prodotto è quello dell’acqua prodotta dalla reazione dell’idrogeno con l’ossigeno che avviene all’interno delle celle.

Oltre a non produrre fumi di scarico, un autobus ad idrogeno è molto più silenzioso rispetto ad un mezzo mosso da un motore diesel e questo è un vantaggio, soprattutto nell’utilizzo urbano.

Ovviamente – come per tutti i mezzi dotati di motore elettrico – l’effetto complessivo dal punto di vista climatico deve tenere conto del metodo con cui si produce l’energia utilizzata per muovere l’autobus (nel caso specifico come si produce l’idrogeno che alimenta le celle a combustibile). L’impatto sul clima è nullo solo se l’idrogeno è formato tramite elettrolisi che – a sua volta – utilizzi energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. In gergo, si parla di idrogeno “verde“.

Rimane un po’ di amarezza in bocca a causa del fatto che si debba ricorrere alla tecnologia Toyota e che l’Italia non sia riuscita a sviluppare una sua tecnologia a livello nazionale. Si potrebbe discutere a lungo sull’insipienza e sulla mancanza di visione del settore italiano legato alla costruzione di mezzi di trasporto che difende pervicacemente il passato costituito dai motori a combustione interna e non ha investito abbastanza per affrontare le sfide del futuro.

Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, è comunque positivo il fatto che finalmente anche in Italia si passi dalla fase sperimentale a quella della produzione industriale di autobus ad idrogeno. Ora la sfida è quella di produrre idrogeno verde in quantità adeguata, sfruttando anche la capacità dell’idrogeno di immagazzinare l’energia fornita da sorgenti rinnovabili che funzionano in modo intermittente.

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