Malgrado l’impennata dei prezzi dell’energia elettrica ed il calo complessivo del mercato automobilistico europeo, nel primo semestre di quest’anno c’è stata una forte crescita delle vendite di auto elettriche. L’Italia – tanto per cambiare – è il fanalino di coda, anche a causa di un sistema di incentivi farraginoso e della carenza di colonnine di ricarica.
Un articolo apparso su Il Sole 24 Ore fa il punto sull’andamento del mercato automobilistico europeo con particolare riferimento alla diffusione dei veicoli a trazione esclusivamente elettrica (BEV – Battery Electric Vehicle, secondo la definizione inglese). Nel primo semestre del 2022, a fronte di un calo generalizzato delle vendite (-13,7%), i veicoli elettrici sono cresciuti del 31,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le case produttrici più presenti in Europa sono state il Gruppo Volkswagen che copre circa 1/4 del mercato BEV, seguita da Tesla e Stellantis. È interessante notare che Tesla, pur essendo stata a lungo in testa al mercato delle auto elettriche, ormai – almeno in Europa – ha dovuto cedere il passo al colosso tedesco che, dopo lo scandalo del cosiddetto “dieselgate“, ha fatto ingentissimi investimenti per rinnovare la sua produzione di auto.
Il risultato di Stellantis è dovuto principalmente alle ottime performance della 500 elettrica. La piccola auto della ormai ex-Fiat ha trovato un nuovo mercato nella sua versione BEV, particolarmente adatta per i percorsi cittadini.
A fronte della forte crescita registrata dai veicoli BEV in tutta Europa, solo Austria ed Italia mostrano dati in controtendenza. In particolare, l’Italia ha registrato un calo del mercato complessivo (-22,7%), mentre il settore BEV è sceso “solo” del 17,6%.
Analizzando i dati, si scopre che il mercato italiano è stato penalizzato, durante il primo semestre 2022, dal ritardo nella erogazione di incentivi prima annunciati, ma poi di fatto bloccati dai ritardi della burocrazia ministeriale.
A questo si aggiunge la ben nota carenza di colonnine di ricarica che scoraggiano molti potenziali acquirenti di auto elettriche.
I forti aumenti fatti registrare dal prezzo dell’energia elettrica nel corso del 2022 non rappresentano un incentivo per l’acquisto di veicoli BEV. A fronte degli aumenti contenuti fatti registrare dal prezzo della benzina (anche grazie all’effetto ammortizzante generato dalla forte tassazione che grava sul prezzo finale alla pompa), gli aumenti della energia elettrica hanno moltiplicato i costi di gestione dei veicoli BEV (a meno che uno non disponga di una adeguata estensione di pannelli solari e di un sistema di accumulo dell’energia).
Anche l’attuale carenza di dispositivi elettronici (che non dipende dalla guerra, ma è un effetto a lungo termine della pandemia di Covid-19) ha probabilmente inciso sul mercato dell’auto elettrica. Ormai tutte le auto (anche quelle dotate di motore termico) fanno un largo uso di componenti elettronici, ma – per i veicoli BEV – la quota di dispositivi elettronici è particolarmente elevata. La mancanza di un flusso adeguato di componenti elettronici ha causato pesanti ritardi a livello produttivo, con conseguente dilatazione dei tempi di consegna dei veicoli ordinati. Gran parte dei veicoli consegnati nel primo semestre 2022 probabilmente erano stati ordinati nel 2021, quando la crisi energetica c’era già, ma non era stata ancora acuita dall’aggressione della Russia all’Ucraina. I dati del secondo semestre 2022 e soprattutto quelli del primo semestre 2023 potrebbero riservare alcune sorprese.
La futura evoluzione del mercato BEV dipenderà da vari fattori, solo in parte collegati al costo di produzione di tali veicoli. In particolare, in questo momento di crisi – oltre ai forti rincari – si potrebbero verificare anche limitazioni nella distribuzione di energia elettrica. É quindi possibile che molti potenziali acquirenti di auto BEV si siano “messi alla finestra” aspettando che passi la fase acuta della crisi.
C’è infine da chiarire quale sarà l’atteggiamento dei Governi sul fronte fiscale. In tutta Europa i carburanti di origine fossile sono gravati da pesanti imposte che contribuiscono significativamente alle entrate fiscali degli Stati. Se ci fosse un passaggio massiccio ai veicoli BEV, una parte significative di tali entrate sparirebbe generando un “buco” nei bilanci statali. I Governi – prima o poi – dovranno decidere se e come tassare i veicoli BEV e queste scelte incideranno sensibilmente sulle scelte degli acquirenti di nuove auto.
In conclusione, malgrado le oggettive difficoltà, almeno nel primo semestre 2022 il mercato europeo delle auto BEV ha registrato una forte crescita. In termini assoluti, l’incidenza delle auto totalmente elettriche sulle immatricolazioni di auto nuove in Europa è ancora relativamente piccola (nel 2021 erano state poco più di 1,2 milioni, contro un numero complessivo di immatricolazioni che ha sfiorato quota 10 milioni), ma con questi tassi di crescita la quota di veicoli BEV è destinata ad aumentare rapidamente.
L’Italia farebbe bene a prendere atto di questa tendenza e ad attrezzarsi per gestire il cambiamento, piuttosto che arroccarsi sulla difesa delle auto con motore a combustione interna, un mercato che – a mio avviso – è ormai fatalmente destinato al declino.
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