ENEL ha pubblicato i dati relativi alla sua produzione di energia elettrica relativi ai primi 9 mesi del 2022. A livello mondiale, il gruppo ha aumentato la produzione del 6% circa. L’aumento è stato più sensibile per l’energia prodotta da combustibili fossili. Il dato italiano è molto preoccupante, con un vero e proprio crollo delle energie rinnovabili (principalmente dovuto alla siccità che ha ridotto la produzione delle centrali idroelettriche) ed un forte aumento della componente legata all’uso del carbone. Al contrario di quanto si sarebbe potuto supporre, non c’è stato l’atteso crollo della produzione generata da impianti alimentati a gas.
ENEL è una multinazionale dell’energia elettrica ed ha impianti produttivi localizzati in tutto il mondo. Le centrali più importanti si trovano in Italia, Spagna, America Latina e Nord America.
Durante i primi 9 mesi del 2022, ENEL ha prodotto complessivamente 182.661 GWh di energia elettrica, per il 47,9% proveniente da sorgenti rinnovabili. Il rimanente 52,1% è costituito da sorgenti “convenzionali” dove il termine identifica sia i combustibili fossili (40,4%) che il nucleare (11.7%). I dati sono mostrati nella tabella seguente dove sono confrontati con quelli dello stesso periodo del 2021:
Il dato che emerge con maggiore evidenza è quello legato alla forte riduzione della produzione idroelettrica causata dalla siccità che ha colpito gli impianti ENEL localizzati in Europa. C’è stata anche una forte riduzione della produzione generata da impianti termoelettrici di vecchia generazione, alimentati a gas o a derivati del petrolio (Oil & Gas), che sono stati sostituiti dalle più efficienti turbine a gas a ciclo combinato (CCGT).
Anche se il dato non è specificato con chiarezza, il consumo complessivo di gas (CCGT + combustibile per vecchi impianti termoelettrici) non dovrebbe essere cambiato di molto rispetto all’anno precedente.
A livello mondiale, ENEL registra un aumento percentuale molto significativo dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici anche se il valore assoluto è ancora relativamente piccolo (circa il 5% della produzione totale).
La produzione delle centrali nucleari e delle centrali geotermiche è rimasta pressoché invariata. L’aumento più importante, sia in termini assoluti che percentuali, è quello registrato dalle centrali a carbone.
Una lettura maliziosa dei dati potrebbe concludere che ENEL abbia colto la palla al balzo della crisi energetica in Europa per riattivare le sue vecchie centrali a carbone (quasi tutte localizzate in Italia) che erano già spente (o comunque destinate allo spegnimento) a causa del loro pesante impatto sia climatico che ambientale.
La situazione italiana è molto più critica rispetto a quella che ENEL ha registrato a livello mondiale:
Per avere un’idea del ruolo di ENEL come produttore di energia elettrica in Italia, basta ricordare che – secondo i dati diffusi da Terna – durante i primi 9 mesi del 2022 in Italia sono stati consumati complessivamente 240.923 GWh, in aumento dell’1,4% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Sempre secondo Terna, il 54% dei consumi italiani sono stati coperti da energia elettrica generata partendo da combustibili fossili, il 13,5% è stato importato dall’estero, mentre il 32,5% è stato prodotto da fonti rinnovabili:
Nei primi 9 mesi del 2022, la produzione ENEL in Italia è aumentata rispetto allo stesso periodo del 2021 in linea con i valori fatti registrare dal gruppo a livello mondiale e ha coperto solo il 15% circa dei consumi nazionali.
ENEL ha ormai definitivamente perso – almeno come produttore – il ruolo di ex-monopolista che controllava gran parte del mercato elettrico italiano. Il suo baricentro – come gruppo – si è largamente spostato verso la penisola iberica e l’America Latina, mentre molti dei suoi impianti italiani sono ormai piuttosto vecchi e non sono stati fatti – almeno in Italia – adeguati investimenti verso le nuove tecnologie.
Purtroppo, a causa della siccità, durante i primi mesi del 2022 ENEL ha registrato un vero e proprio tracollo della produzione idroelettrica (circa -39%) e l’energia generata da sorgenti rinnovabili è passata dal 53,9% del totale nel 2021 al 38,4% nel 2022. Un vero disastro dal punto di vista climatico e ambientale!
C’è stato quasi un raddoppio della produzione di energia elettrica generata dal carbone. Le centrali a carbone hanno fornito il 35,3% dell’intera produzione di energia elettrica realizzata da ENEL in Italia. Un vero paradosso, considerato che gran parte del carbone bruciato nelle centrali ENEL italiane è stato importato dalla Russia!
Quanto al gas, il suo contributo alla produzione ENEL complessiva è rimasto pressoché stabile e quindi l’aumento dei prezzi non ha determinato una riduzione dei consumi di gas. In pratica, con la scusa della aggressione russa all’Ucraina, si è quasi raddoppiato il consumo di carbone per sopperire alle carenze di energia idroelettrica causate dalla siccità.
Notiamo che ENEL produce in Italia una quantità insignificante di energia fotovoltaica, alla faccia degli spot televisivi che mostrano i suoi tecnici mentre lavorano a (inesistenti) centrali fotovoltaiche! Anche il contributo dell’eolico è piuttosto basso (solo il 2,6% della produzione totale contro il 18,6% realizzato dal gruppo a livello internazionale).
Le uniche vere sorgenti rinnovabili che ENEL usa in Italia sono l’idroelettrico ed il geotermico. Ma si tratta di impianti molto vecchi, già largamente ammortizzati, che non possono avere ulteriori sviluppi, mentre non sono stati fatti investimenti adeguati verso il solare e l’eolico.
ENEL sta festeggiando i suoi 60 anni con lo slogan “I fatti contano!“. Sono d’accordo, ma i fatti non vanno confusi con la “fuffa” di taluni slogan pubblicitari.
In conclusione, se oggi ENEL disponesse in Italia di più impianti fotovoltaici ed eolici potrebbe aiutare il Paese a mitigare i danni prodotti dal ricatto energetico russo senza dover necessariamente appestare l’aria con le sue vecchie centrali a carbone.
Ricordo che ENEL è ancora una società controllata dallo Stato Italiano (che incassa ogni anno miliardi di Euro grazie ai suoi dividendi). Forse sarebbe stato meglio evitare di spolpare le casse societarie erogando dividendi che alla fine hanno contribuito solo ad aumentare il debito della società, investendo davvero – quando sarebbe stato necessario – nelle energie rinnovabili.
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