Durante la scorsa calda estate molti di noi avranno pensato: ” Ah, se solo si potesse immagazzinare tutto questo calore ed utilizzarlo per scaldarci durante il prossimo inverno!”. Una start-up finlandese (Polar Night Energy) ci sta provando ed ha proposto di utilizzare la sabbia come mezzo per l’accumulo del calore. L’idea potrebbe anche funzionare, ma ci sono dei limiti fisici che non possono essere superati
L’idea di immagazzinare il caldo estivo per scaldare gli edifici durante la stagione invernale non è nuova: molti ci hanno provato, ma i risultati sono stati – almeno fino ad oggi – piuttosto deludenti. Ci sono 2 principali problemi tecnici da risolvere:
- Disporre di un sistema di accumulo caratterizzato da una elevatissima capacità termica (in grado di immagazzinare una grande quantità di calore in un volume che non sia troppo grande).
- Garantire un elevato isolamento termico in modo che il calore accumulato non si disperda e si conservi per almeno 6-8 mesi.
A meno di non usare mezzi di accumulo del calore costituiti da materiali particolarmente costosi o potenzialmente pericolosi, le soluzioni fin qui proposte si sono rivelate troppo ingombranti e di difficile realizzazione.
La start-up finlandese Polar Night Energy ha avviato recentemente la sperimentazione di un nuovo sistema che – in determinate condizioni – potrebbe anche funzionare. L’idea è quella di usare come mezzo per accumulare il calore la comunissima sabbia, un mezzo sicuro, facilmente reperibile e molto economico.
Per aumentare la quantità di energia accumulata (a parità di volume) la sabbia viene scaldata fino alla temperatura di circa 600°C. La scelta della sabbia (che è un materiale molto stabile anche dal punto di vista termico) è funzionale rispetto all’idea di operare fino ad una temperatura massima di 600°C. Ovviamente, la stessa scelta non si sarebbe potuta fare se, al posto della sabbia, si fosse utilizzata acqua o un qualsiasi altro mezzo con una temperatura di ebollizione troppo bassa.
L’idea che è alla base della proposta elaborata da Polar Night Energy è molto simile a quella di Brenmiller Energy, una azienda israeliana che usa frammenti di rocce per immagazzinare energia termica. Un impianto basato sulla tecnologia israeliana – realizzato in collaborazione con ENEL – è stato recentemente costruito in Toscana. I tempi di immagazzinamento previsti per tale sistema sono inferiori alle 24 ore, decisamente inferiori rispetto a quanto promesso dalla start-up finlandese. La tecnologia utilizzata da ENEL ha senso per l’immagazzinamento di energia termica a breve termine rispondendo a specifiche esigenze di carattere industriale (ad esempio, all’interno di una centrale elettrica o di un altro impianto che faccia largo uso di vapore), ma non funzionerebbe su base stagionale.
Il prototipo dell’impianto progettato da Polar Night Energy è mostrato nella figura seguente:

La sabbia è contenuta in un silos ad elevato isolamento termico (una specie di enorme thermos) che può essere installato all’aperto (come in figura) oppure può essere sotterrato. Il calore viene trasferito al sistema di accumulo tramite un fluido che scorre attraverso delle tubazioni che sono immerse nella sabbia. Lo stesso fluido viene utilizzato per prelevare il calore durante la stagione invernale, trasferendolo ad un impianto di teleriscaldamento che scalda uno o più edifici.
A questo punto vi sarete domandati come si può fare a scaldare la sabbia fino a 600°C. E qui capiamo quali sono i limiti di questa tecnologia. Infatti per scaldare la sabbia non usiamo i raggi diretti del sole estivo, ma bisogna prima convertire la luce solare in una qualche forma di energia rinnovabile (solare fotovoltaico, eolico o idroelettrico). Infatti, solo producendo energia elettrica si può scaldare una resistenza elettrica e raggiungere le elevate temperature di esercizio del sistema.
Dal punto di vista delle leggi della termodinamica questo non è il modo migliore per utilizzare una fonte di energia rinnovabile. Infatti utilizzando una resistenza trasformiamo l’energia elettrica in calore con un rapporto 1:1. Sarebbe stato molto meglio utilizzare la stessa quantità di energia elettrica durante l’inverno per far funzionare una pompa di calore dotata di una sonda geotermica. In tal caso, avremmo avuto un rendimento molto più elevato e la quantità di calore disponibile per scaldare gli edifici sarebbe stata – a parità di energia elettrica consumata – almeno tripla rispetto a quella ottenuta con la semplice resistenza elettrica.
La proposta della start-up finlandese ha avuto una larga eco a livello mondiale grazie ad un servizio (secondo me un po’ troppo ottimista) diffuso da BBC NEWS:
Ho scritto prima che la proposta “potrebbe anche funzionare“. In effetti, la Finlandia durante la stagione estiva produce una enorme quantità di energia da fonti rinnovabili, molta di più rispetto a quella che riesce a consumare. Quindi per scaldare la sabbia si possono utilizzare gli eccessi produttivi estivi che di fatto non trovano una utilizzazione alternativa. Durante l’inverno la produzione di energia degli impianti finlandesi si riduce nettamente e quindi meglio usare (sia pure con un rendimento limitato) l’eccesso di energia estiva che altrimenti andrebbe sprecato piuttosto che far funzionare una pompa di calore d’inverno quando la produzione di energia elettrica è molto minore.
Se dovessimo trasferire l’impianto finlandese alle nostre latitudini non ci sarebbero le condizioni per garantirne l’economicità d’esercizio. In Italia l’energia elettrica è sempre troppo poca sia d’estate che d’inverno e se abbiamo momentanei eccessi di produzione è molto meglio recuperarli con impianti idroelettrici di pompaggio/turbinaggio oppure producendo idrogeno.
Concludendo, la sperimentazione in corso in Finlandia ha un certo interesse, ma il problema di catturare il calore estivo per scaldarci durante l’inverno – almeno alle nostre latitudini – è ancora ampiamente irrisolto.
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