ENI: bye-bye alla tassa sugli extra-profitti? Gli utili li farebbe solo all’estero

I dati di bilancio dell’ENI relativi ai primi 9 mesi del 2022 mostrano che i guadagni netti sono quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2021, arrivando a 10,8 miliardi di Euro. Un dato in linea con quello delle società operanti nel settore dell’energia, considerato che – a livello globale – si stima che la recente crisi energetica abbia prodotto profitti aggiuntivi dell’ordine di 2.000 miliardi di Euro. Ma in Italia sembra che gli affari di ENI vadano molto male, con una perdita di circa 1 miliardo di Euro. Intanto ENI ha presentato ricorso al TAR per non pagare la tassa sugli extra-profitti imposta dal Governo italiano.

Ha creato un certo sconcerto la notizia che ENI – durante i primi 9 mesi del 2022 – abbia accumulato in Italia un deficit pari a circa 1 miliardo di Euro. Il dato è in netto contrasto con l’utile registrato da ENI a livello globale (ben 10,8 miliardi di Euro, circa 4 volte l’utile registrato durante lo stesso periodo del 2021).

Leggendo i comunicati di ENI sembra che il “buco” italiano di quest’anno sia imputabile alle somme accantonate per pagare la tassa sugli extra-profitti imposta dal Governo italiano. Ma la cosa ancora più sorprendente è che – secondo il CEO di ENI Claudio Descalzi – dal 2014 ad oggi la società avrebbe accumulato in Italia ben 21 miliardi di perdite.

Viene spontaneo domandarsi: ENI è un benefattore che rifornisce l’Italia di petrolio e gas sottocosto oppure in Italia vengono contabilizzate le perdite mentre i profitti “emigrano” all’estero? Il dubbio è lecito perché – a meno che ENI non abbia scelto deliberatamente di vendere i suoi prodotti in Italia ad un prezzo “politico“, non si capisce da dove derivino i 21 miliardi di perdite accumulati in meno di un decennio.

Per fortuna di ENI (e dello Stato italiano che è il suo azionista di riferimento) ci sono le attività estere che raddrizzano il bilancio, consentendo alla Società di realizzare utili (quest’anno particolarmente significativi).

Intanto ENI, assieme a numerose altre società italiane che operano nel settore energetico, ha presentato ricorso al TAR del Lazio contro la legge – approvata dal Governo Draghi – che colpisce gli extra-profitti realizzati dalle società energetiche adducendo come principale motivazione il fatto che la legge avrebbe contorni non sufficientemente definiti (in pratica, non si capirebbe quali sarebbero esattamente gli extra-profitti da tassare). Il nuovo Signor Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha già dichiarato che riscriverà la norma, ipotizzando anche di aumentare la percentuale degli extra-profitti da prelevare.

ENI è una società quotata in borsa e anche se lo Stato italiano è l’azionista di riferimento non credo che fondi pensione, fondi di investimento e gli altri grandi azionisti stranieri staranno con le mani in mano se lo Stato Italiano proverà a prelevare una quota consistente degli oltre 10 miliardi di utili realizzati all’estero. Sinceramente non ho idea di come andrà a finire questa storia, ma temo che se i consumatori italiani sperano che gli utili di ENI possano servire ad attenuare il caro-bollette rimarranno quasi certamente delusi.

Potremo comunque andare a fare il pieno ad una stazione di servizio ENI accontentandoci di pagare la benzina “ad un prezzo di favore“.

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