Sta per partire in Norvegia il progetto Longship, la prima iniziativa industriale europea destinata ad immagazzinare anidride carbonica su larga scala. Il progetto, promosso dal Governo norvegese, è stato finanziato da 3 grandi compagnie petrolifere e potrebbe aiutare a limitare le emissioni di gas serra. Secondo i critici, potrebbe essere solo una colossale e fuorviante operazione di greenwashing.
Il tema della cattura e dell’immagazzinamento dell’anidride carbonica (in inglese CCS – Carbon Capture & Storage) è stato oggetto di un post precedente, nel quale avevo espresso tutte le mie perplessità rispetto all’effettiva applicabilità di tali tecnologie.
Ritorno sull’argomento in occasione dell’avvio di un grande progetto industriale promosso dal Governo norvegese e sostenuto finanziariamente da alcune aziende petrolifere (la francese TotalEnergies, l’anglo-olandese Shell e la norvegese Equinor). Il progetto, gestito da Northern Lights, porterà alla realizzazione del maggior impianto europeo per l’immagazzinamento di anidride carbonica.
L’idea è quella di catturare l’anidride carbonica trattando le emissioni gassose dei grandi impianti industriali, prima che queste vengano disperse nell’atmosfera. Dopo essere stata liquefatta, l’anidride carbonica sarà trasportata al terminal norvegese gestito da Northern Lights tramite navi appositamente attrezzate.
Una volta arrivata al terminal norvegese, l’anidride carbonica liquefatta sarà trasferita tramite una tubazione al sito di immagazzinamento che sfrutta pozzi di petrolio esauriti, posti alla profondità di circa 2,5 km sotto al livello del fondale marino.
Operando su pozzi localizzati a grande distanza dalla costa (circa 100 km) verranno eliminati anche i possibili inconvenienti di tipo sismico che si possono generare quando si iniettano grandi quantità di liquidi nelle cavità del sottosuolo. La natura geologica dei siti che saranno utilizzati per immagazzinare la CO2 garantisce tempi di confinamento molto lunghi.
L’impianto è destinato ad entrare in funzione a partire dal 2024, creando una vera e propria filiera per l’immagazzinamento della CO2 di cui potranno usufruire non solo le aziende norvegesi, ma anche quelle di altri Paesi europei.
Il progetto Longship presenta – a mio avviso – pro e contro che devono essere attentamente valutati:
- Il progetto è pensato per catturare l’anidride carbonica emessa da grandi impianti industriali (raffinerie, centrali termoelettriche, cementifici, industrie chimiche, ecc.) e non riguarda le emissioni diffuse generate da altri tipi di sorgenti (riscaldamento domestico, mezzi di trasporto, ecc.). Quindi non rappresenta la soluzione per tutti i combustibili fossili, ma solo per la parte che viene utilizzata in impianti industriali di grandi dimensioni.
- Un punto di forza del progetto Longship è quello di diventare operativo già nel 2024. Anche volendo realizzare la trasformazione energetica alla massima velocità possibile, l’eventuale sostituzione dei combustibili fossili con sorgenti rinnovabili non potrà avvenire in tempi brevi. In questo momento di transizione, l’utilità del progetto è certa. In futuro, potrebbe diminuire.
- Il sistema norvegese risolve il problema legato al fatto che i sistemi di CCS tradizionali richiedono che esistano siti geologici adatti all’immagazzinamento della CO2 vicino agli impianti industriali dove viene effettuata la cattura. Il problema viene risolto trasportando la CO2 via nave, operazione che consente di raggiungere siti di immagazzinamento posti anche a centinaia di km di distanza. Ovviamente tutto questo ha un costo, anche energetico.
- La spinta a sostituire i combustibili fossili con fonti di energia rinnovabili potrebbe essere rallentata dall’adozione su vasta scala di tecniche CCS.
- Le tecniche CCS potrebbero essere impropriamente utilizzate per realizzare vere e proprie operazioni di greenwashing. In particolare, è essenziale controllare quale sia la frazione delle emissioni di CO2 che vengono effettivamente catturate negli impianti industriali che adottano le tecnologie CCS. Sarebbe grave se tali tecnologie fossero utilizzate come una sorta di “foglia di fico“, al solo scopo di rendere gli impianti “climaticamente accettabili“, ma poi alla fine una parte consistente delle emissioni di CO2 finisse comunque nell’atmosfera.
- Il progetto Longship ha costi energetici elevati. In particolare, i sistemi attualmente utilizzati per estrarre l’anidride carbonica dai fumi degli impianti industriali sono ancora particolarmente inefficienti dal punto di vista energetico, anche se non mancano le proposte per nuovi approcci che potrebbero migliorare l’efficienza e ridurre il costo di funzionamento degli impianti. Una volta catturata, la CO2 deve essere liquefatta e trasportata fino al sito di immagazzinamento: ambedue queste operazioni assorbono molta energia e generano emissioni di CO2 addizionali.
- Quando si calcolerà l’impronta carbonica degli impianti industriali che parteciperanno al progetto Longship bisognerà fare i conti completi, considerando tutti i processi che avvengono, sia all’interno che all’esterno degli impianti. Solo così si potrà capire se avremo a che fare con un efficace sistema per limitare le emissioni di gas serra oppure se si tratterà solo di una sfacciata operazione di greenwashing finanziata dalle aziende petrolifere per salvaguardare i loro affari.
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