Un gruppo di associazioni ambientaliste del Trentino ha presentato un piano per aumentare il livello della raccolta differenziata, riducendo il residuo non riciclabile a sole 15 mila tonnellate all’anno. Molte delle loro proposte sono condivisibili. Purtroppo fanno finta di non sapere che – ogni anno – nella quota di rifiuti differenziati dal Trentino finiscono ulteriori 60 mila tonnellate di residuo che vengono mescolati con il materiale effettivamente riciclabile, aumentandone i costi di recupero. Anche questo residuo finisce in discarica o in un inceneritore, assieme alle 60 mila tonnellate di residuo “ufficiale“. Gli amici ambientalisti ci spronano a “lanciare il cuore oltre all’ostacolo“, ma i problemi non si risolvono nascondendo la testa come gli struzzi.
Ritorno sul tema dei rifiuti del Trentino, un argomento su cui la Provincia si è impegnata ad assumere decisioni entro la fine del corrente anno. Tra un mese è Natale e quindi i tempi si stanno facendo stretti.
In attesa di sapere quale sarà la presa di posizione della PAT, un gruppo di associazioni ambientaliste del Trentino ha presentato un documento nel quale si ipotizza una drastica riduzione della quota di residuo indifferenziato, da attuare grazie al potenziamento della raccolta differenziata. La tesi sostenuta dagli ambientalisti è che sarebbe possibile ridurre il residuo a sole 15 mila tonnellate all’anno. Il documento non è molto chiaro sul destino di tali rifiuti, ma non c’è dubbio che si tratterebbe di una quantità di materiale decisamente inferiore rispetto a quella che attualmente viene “ufficialmente” destinata alla discarica o viene inviata ad un inceneritore posto al di fuori del territorio provinciale.
Ho scritto “ufficialmente” perché come avevo dimostrato in un post precedente, la quantità di residuo non riciclabile prodotto da noi trentini è pari a circa il doppio del dato ufficiale. Ogni anno, almeno 60 mila tonnellate di rifiuti non riciclabili – invece di essere buttati nel residuo – sono indebitamente smaltiti mescolandoli alla quota di rifiuti “riciclabili“ (imballaggi leggeri, umido, vetro e carta). Ciò avviene per le oggettive difficoltà di selezione che confondono molti utenti, ma non c’è dubbio che il fatto di pagare il conferimento del residuo possa spingere più d’uno a mettere parte del residuo tra il materiale “riciclabile“.
Prima di attribuire patenti di “virtuosità” a chi conferisce meno rifiuto bisognerebbe verificare la qualità della sua raccolta differenziata. Poco residuo “ufficiale” potrebbe semplicemente voler dire troppo residuo indebitamente smaltito assieme alla quota di rifiuti “differenziati“.
Per anni si è posta molta enfasi sulla percentuale di rifiuti riciclati senza guardare troppo alla loro qualità. Si tratta di una scelta profondamente sbagliata perché prima o poi il residuo deve essere estratto dal materiale effettivamente riciclabile e questo ha un elevato costo sia economico che energetico. Alla fine anche il residuo che viene estratto dai materiali “riciclabili” finisce in discarica o in un inceneritore, ma ciò avviene spesso fuori provincia ed i Trentini se ne accorgono solo indirettamente perché pagano una bolletta dei rifiuti più cara rispetto a quanto potrebbe essere se il processo di raccolta fosse stato fatto in modo più appropriato.
Concordo con gli ambientalisti quando sostengono che sia necessario migliorare il sistema della raccolta differenziata. Per fare questo servirebbero interventi legislativi a monte, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di imballaggi misti (se avete mai provato a separare la plastica dalla carta presente negli imballaggi di alcuni alimenti, capirete cosa voglio dire), ma serve anche una vasta educazione degli utenti che non può essere basata su metodi vessatori, ricorrendo solo a prediche o multe. Va inoltre ricordato che per chi vive in un condominio di città pensare di recuperare il residuo usando una molteplicità di contenitori (ad esempio separando i diversi tipi di plastica o i vetri in base al colore) non è tecnicamente fattibile, a meno di non trasformare una stanza del proprio appartamento in una sorta di CRM familiare.
Prima di disegnare modelli di raccolta virtuosi, ma di difficile attuazione, sarebbe prioritario far emergere le almeno 60 mila tonnellate di residuo “non ufficiale” che noi trentini mescoliamo ogni anno ai rifiuti “riciclati“. Questo gli ambientalisti non lo dicono forse perché temono che di fronte ad un dato complessivo che supera le 120 mila tonnellate di “residuo vero” all’anno la spinta per costruire un inceneritore (o gassificatore) diventerebbe inarrestabile.
In conclusione, ben vengano le sollecitazioni per il potenziamento della raccolta differenziata, ma andiamo a vedere anche quale è il destino finale dei materiali raccolti per il riciclo. Solo così potremo evitare di affidarci ad operazioni di facciata che non servono per risolvere effettivamente i problemi e non producono alcun beneficio né dal punto di vista ambientale né da quello climatico.
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