Attualmente l’ammoniaca (NH3) è considerata come una possibile alternativa al gasolio, soprattutto per i grandi motori utilizzati nel trasporto marittimo. Alcuni recenti risultati dimostrano che è possibile estrarre l’idrogeno contenuto nell’ammoniaca in modo semplice ed economico, aprendo la strada verso un vasto campo di applicazioni dove l’ammoniaca potrebbe essere utilizzata come “vettore” energetico anche nel trasporto terrestre.
L’ammoniaca (NH3) è un gas dall’odore pungente, tossico se inalato ed infiammabile. Nelle pulizie di casa talvolta l’utilizziamo (in soluzione acquosa) sfruttando il suo notevole potere sgrassante, ma l’impiego principale dell’ammoniaca è quello legato alla produzione di fertilizzanti azotati e di altri prodotti chimici di grande rilievo.
Il metodo classico di preparazione dell’ammoniaca è basato sul cosiddetto processo Haber-Bosch:
3H2(g) + N2(g) ⇌ 2NH3(g)
Per poter avvenire, la reazione deve superare una forte barriera di attivazione legata alla necessità di rompere il forte legame trivalente che lega i 2 atomi di azoto. Per questo motivo, la reazione avviene utilizzando un apposito catalizzatore che opera a temperatura elevata.
Una volta prodotta, l’ammoniaca contiene una notevole quantità di energia, che può essere utilizzata per alimentare un motore a combustione interna oppure una cella a combustibile. A temperatura ambiente (25°C), 1 litro di ammoniaca liquida (alla pressione di 10 bar) contiene più del doppio dell’energia che è contenuta nello stesso volume di idrogeno gassoso, compresso alla pressione di 700 bar.
La maggiore densità di energia e la relativa facilità di immagazzinamento (non servono temperature criogeniche o pressioni elevatissime) hanno spinto molti progettisti a considerare l’ammoniaca come una soluzione alternativa rispetto all’idrogeno quando si tratta di sostituire i combustibili tradizionali contenenti carbonio. Il settore navale è quello dove la sperimentazione relativa all’uso dell’ammoniaca è certamente più avanzata.
Ovviamente, prima di parlare di una reale “decarbonizzazione“, bisogna capire quale sia il “colore” dell’idrogeno che viene utilizzato per la sintesi dell’ammoniaca. Attualmente la stragrande maggioranza dell’idrogeno utilizzato per tale processo è del tipo “grigio“, ovvero è ottenuto partendo da carbone o da altri combustibili fossili. Quindi, analogamente a quanto avviene per l’idrogeno utilizzato per le celle a combustibile, se alla base del processo industriale ci sono ancora i combustibili fossili non si può parlare di una vera e propria “decarbonizzazione“. Il rischio di generare solo greenwashing è concreto.
Con le dovute cautele, va comunque detto che nel corso degli ultimi anni sono stati fatti significativi progressi per la realizzazione di processi di sintesi dell’ammoniaca che rispettino rigidi requisiti in tema di rispetto dell’ambiente e del clima. Si tratta per il momento di attività limitate, ma i progressi sono reali e potrebbero generare interessanti evoluzioni nel prossimo futuro.
Aldilà del già citato caso dei motori navali (dove l’ammoniaca sostituisce il classico gasolio o il gas naturale liquefatto), ci sono altri campi di applicazione dove l’ammoniaca potrebbe diventare particolarmente interessante. Mi riferisco in particolare alla generazione di energia elettrica tramite celle a combustibile. Attualmente l’ammoniaca può già essere utilizzata per alimentare direttamente le celle combustibili a ossido solido (le cosiddette SOFC), ma si tratta di dispositivi che hanno un campo di applicazione limitato (soprattutto nei grandi impianti) ed operano ad elevata temperatura.
Un articolo recentissimo apparso su Science dimostra che è possibile scomporre l’ammoniaca, ripristinando le molecole di idrogeno e di azoto utilizzate durante il processo di Haber-Bosch. Il processo inverso avviene a temperatura ambiente, utilizzando un economico catalizzatore basato su una miscela di rame e ferro, illuminato da comuni diodi a LED.
A differenza di quanto avveniva con i sistemi utilizzati in precedenza, non servono costosi laser o catalizzatori contenenti metalli rari (come ad esempio il rutenio), né temperature elevate (con la conseguente dissipazione di energia).
Attualmente sono in corso esperimenti volti a passare dalla scala del laboratorio a quella delle applicazioni industriali ed è quindi troppo presto per affermare che il nuovo sistema proposto per la decomposizione dell’ammoniaca possa rappresentare una vera rivoluzione dal punto di vista applicativo. Se i risultati di questi ulteriori studi saranno positivi, si aprirà la strada per un uso più esteso dell’ammoniaca come elemento per alimentare le celle a combustibile.
In particolare, si potrà pensare di usare l’ammoniaca come un efficace sistema di immagazzinamento dell’energia e di combinare il dissociatore basato sul fotocatalizzatore rame-ferro con una comune cella a combustibile di tipo PEMFC (celle a membrana a scambio protonico, quelle usate nei veicoli di trasporto alimentati ad idrogeno). Al posto delle bombole ad elevata pressione, si dovrebbero dotare i veicoli di serbatoi adatti a contenere ammoniaca liquida.
Sia i serbatoi di idrogeno ad elevata pressione che quelli di ammoniaca liquida presentano profili di sicurezza non banali e la loro installazione richiede lo sviluppo di adeguate competenze dal punto di vista ingegneristico. Il vantaggio dell’uso dell’ammoniaca sarebbe legato ad un sostanziale raddoppio dell’autonomia, a parità di volume di combustibile caricato.
Dal punto di vista dei costi e del rendimento energetico, l’uso dell’ammoniaca al posto dell’idrogeno comporta un aggravio rispetto all’idrogeno a causa del doppio passaggio H2 → NH3 seguito da NH3 → H2. D’altra parte si risparmiano i costi di compressione dell’idrogeno che, per essere usato per la trazione di veicoli, deve essere compresso a pressioni particolarmente elevate.
Ovviamente è troppo presto per sapere se l’ammoniaca potrà diventare una alternativa interessante rispetto all’idrogeno compresso (o liquefatto) nell’alimentazione dei mezzi di trasporto elettrici, ma i continui progressi che stiamo registrando a livello di ricerca ci fanno capire quanto sia intensa l’attività dei laboratori che stanno affrontando i temi della transizione energetica e come sia elevato il ritmo delle nuove idee che ogni giorno vengono proposte.
In conclusione, non ci resta che attendere i risultati delle ulteriori sperimentazioni che sono già partite. Il settore è in rapido movimento e questo ci fa ben sperare per un futuro energetico più rispettoso dell’ambiente e del clima.
Lascia un commento