Russia e Qatar: dalla padella alla brace

In occasione del recente “Qatargate“, abbiamo visto che le Autorità europee si sono mosse con grande cautela e si sono ben guardate dall’attaccare pubblicamente il Paese mediorientale. Probabilmente vogliono evitare di mettere a repentaglio le forniture di gas naturale liquefatto di cui il Qatar è uno dei principali esportatori. La vicenda ci fa capire quanto sia importante raggiungere al più presto possibile una reale autonomia energetica che ci preservi da ricatti di natura geopolitica. In attesa che sia disponibile l’energia da fusione, bisogna procedere con rinnovato vigore nello sviluppo delle energie rinnovabili.

Lo scandalo noto come Qatargate è fonte di grande vergogna per politici che – mascherandosi dietro a posizioni centrate sulla difesa dei più deboli – hanno dimostrato di pensare solo ai loro interessi personali. Una vergogna con la quale le forze “progressiste” dovranno fare i conti, senza illudersi di relegare la vicenda alla fattispecie dei “compagni che sbagliano“.

Aldilà dell’impatto sui partiti, c’è un altro aspetto che – a mio avviso – è particolarmente interessante. Forse avrete notato la grande prudenza con cui le Autorità europee hanno affrontato la questione. Non si tratta solo del “garantismo” dovuto a chiunque non ha ancora subito una condanna formale (anche se è stato beccato con i soldi nella valigia). La vera preoccupazione che gira tra i palazzi di Bruxelles è quella di non irritare il Qatar, ovvero il Paese che – a quanto pare – ha svolto il ruolo di corruttore, cercando di condizionare con le sue mazzette le decisioni del Parlamento europeo.

Qualcuno potrà obiettare che l’attività di lobbying è parte integrante di tutti i sistemi parlamentari, tanto da essere regolamentata in molti Paesi democratici. La linea che separa la difesa degli interessi di parte e la corruzione dei parlamentari talvolta non è così precisa, ma quando girano valigie piene di contanti è abbastanza pacifico che si ricada nella corruzione dura e pura.

Viene spontaneo chiedersi perché la reazione della autorità europee sia stata così “soft“: se le mazzette fossero arrivate da un altro Paese probabilmente le Autorità del Paese corruttore sarebbero state chiamate esplicitamente in causa e si sarebbe chiesto conto delle loro azioni. Ma nel caso del Qatar tutti a Bruxelles si stanno comportando con grandissima prudenza.

Maliziosamente si potrebbe pensare che tale prudenza sia dovuta al fatto che il Qatar è uno dei più grandi produttori di gas naturale liquefatto (GNL) che vende a tutto il Mondo, Europa compresa. La sostanziale chiusura delle forniture provenienti dai metanodotti russi ha reso l’Europa particolarmente fragile, generando la crisi energetica che ben conosciamo. Se nel prossimo futuro dovessero venire a mancare anche le forniture provenienti dal Qatar la situazione energetica dell’Europa rischierebbe di precipitare in una crisi gravissima, con pesanti conseguenze economiche e sociali.

Probabilmente a Bruxelles molti ritengono che sia meglio tenere un profilo basso e sperano che la questione possa essere circoscritta ad un fenomeno di corruzione grave, ma limitato.

La vicenda ci fa capire quanto sia insensato parlare di “sovranità” nei Paesi che dipendono dall’estero per le loro forniture energetiche. L’energia è un bene essenziale per la nostra società e se le disponibilità energetiche di un Paese sono condizionate da fattori di natura geopolitica, la stessa sovranità del Paese viene messa a repentaglio. Ciò vale per i singoli Paesi Europei e per l’Unione Europea nel suo complesso.

In attesa che l’energia da fusione si trasformi da esperimento di laboratorio in una concreta fonte di energia, l’unica soluzione che abbiamo a portata di mano per ridurre la nostra dipendenza di energia dall’estero è quella di puntare sulle energie rinnovabili.

In questi giorni sento parlare di “trasformare l’Italia nell’hub energetico del Sud-Europa” che – tradotto in parole povere significa potenziare la rete di metanodotti che lega l’Italia al Nord-Africa (e in futuro al Mediterraneo orientale). Diversificare la rete dei fornitori esteri può essere d’aiuto, ma non è la soluzione perché comunque ci espone alle azioni di “cartello” ovvero agli accordi dei diversi fornitori per tenere alti i prezzi delle forniture.

Sarebbe molto meglio puntare con più decisione sui risparmi energetici (la più efficace delle energie “rinnovabili“) e sul potenziamento di solare e fotovoltaico. Anche se queste azioni non potranno renderci completamente autonomi rispetto alle forniture energetiche provenienti dall’estero, ogni MW di nuova potenza rinnovabile installato in Italia significa una equivalente riduzione delle nostre importazioni.

La cosa non farà piacere ai fornitori stranieri (Qatar, Russia, Norvegia, Stati Uniti, ecc.) che certamente proveranno ad influenzare l’opinione pubblica nazionale in modo da creare un ambiente poco favorevole rispetto alle energie rinnovabili. C’è anche la concreta possibilità che taluni cerchino di condizionare le decisioni dei nostri politici ricorrendo a sistemi non leciti.

La questione è estremamente delicata e va seguita con molta attenzione. Il Qatargate di Bruxelles è un campanello d’allarme che non dobbiamo sottovalutare.

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