Facciamo il tampone a chi arriva dalla Cina: e poi?

Le preoccupazioni sollevate dalla forte crescita della pandemia osservata in Cina hanno innescato la reazione di alcuni Paesi (tra cui l’Italia) che hanno attivato blande forme di controllo sullo stato di salute dei viaggiatori provenienti dalla Cina. Aldilà degli annunci e delle rassicurazioni ufficiali, purtroppo non abbiamo molti strumenti per cercare di impedire l’arrivo – anche in Europa – di un eventuale nuovo ceppo virale particolarmente aggressivo di origine cinese.

La forte crescita dei contagi e dei decessi che sta interessando la Cina ha generato crescenti preoccupazioni anche in Europa. Il timore di molti è che l’attuale situazione cinese possa favorire la comparsa di nuovi ceppi virali caratterizzati da una elevata patogenicità (capacità di generare forme di Covid-19 particolarmente gravi) che si potrebbero rapidamente diffondere nel resto del Mondo.

La decisione del Ministero della Salute italiano di rendere obbligatoria l’esecuzione di un tampone molecolare per tutti i viaggiatori in arrivo dalla Cina va nella direzione di disporre di dati “in tempo reale” utili per monitorare la situazione, ma nessuno può illudersi che l’utilizzo dei tamponi possa servire per impedire l’arrivo in Italia di eventuali ceppi virali indesiderati.

Tre anni di esperienza Covid ci hanno insegnato che è praticamente impossibile bloccare alle frontiere tutte le persone virologicamente positive, a meno di adottare forme di restrizione delle libertà personali draconiane (esattamente quelle che i cinesi hanno recentemente abbandonato dopo 3 anni di politica “zero Covid“). Questo è tanto più vero con i virus appartenenti alla famiglia Omicron che sono caratterizzati da una trasmissibilità straordinariamente elevata.

Fare i tamponi ad un campione significativo dei viaggiatori provenienti dalla Cina (statisticamente parlando sarebbe inutile farli a tutti) ed eseguire “a tambur battente” la loro caratterizzazione genetica è importante solo per sapere esattamente quali siano gli eventuali pericoli che dovremo affrontare, ma non ha nulla a che vedere con le strategie da adottare per combatterli.

C’è quindi il rischio che la misura sia propagandata dal Governo come uno strumento adatto a proteggere il Paese dall’invasione di “virus alieni“, infondendo nei cittadini una falsa sicurezza.

Gli strumenti su cui possiamo effettivamente contare sono quelli ben noti: richiami vaccinali per anziani e fragili, uso delle mascherine nei luoghi affollati ed utilizzo esteso dei farmaci antivirali per il trattamento precoce dei contagiati ad elevato rischio di contrarre gravi complicanze.

Il nuovo Governo italiano “ni-vax” – almeno per il momento – sembra mantenere un atteggiamento ondivago: da una parte c’è una forte propensione a considerare la pandemia come una storia del passato (sfruttando proprio quella copertura vaccinale che in Cina scarseggia e che non ci sarebbe stata neanche in Italia se fosse dipesa dalle decisioni di molti degli attuali esponenti governativi), ma – almeno a livello del Ministero della Salute – c’è la percezione dei pericoli che il sistema sanitario nazionale potrebbe correre se ci fosse una forte ripresa dei ricoveri nei reparti Covid.

Anche nei singoli cittadini la stanchezza da Covid ha portato ad un crollo delle più elementari forme di prudenza: basta farsi un giro nei luoghi più affollati per vedere che, in grande maggioranza, le persone anziane (over-70) girano senza mascherina, ignorando che ogni settimana – in Italia – continuano a morire di Covid centinaia di loro coetanei.

Speriamo davvero che la Cina non ci faccia qualche altro brutto scherzo!

Risposte a “Facciamo il tampone a chi arriva dalla Cina: e poi?”

  1. Avatar Da Il Post
    Da Il Post

    Per ora in Europa la linea italiana è stata seguita solo dalla Spagna, mentre le autorità sanitarie di Francia e Germania hanno detto di non ritenere necessario imporre tamponi ai passeggeri in arrivo dalla Cina.

    Lo stesso parere è stato espresso dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che in una nota ha definito “ingiustificati” i test, dato che le varianti che circolano in Cina sono già in circolazione nell’Unione Europea.

  2. Avatar Da Repubblica
    Da Repubblica

    Parigi affiancherà al requisito del test negativo due misure ben pensate: l’obbligo di tenere la mascherina durante il volo e tamponi molecolari a campione sui viaggiatori che pur presentano un test negativo eseguito prima della partenza (questo provvedimento sarà in vigore anche in Gran Bretagna).

    Contagiarsi in aereo dopo una convivenza di molte ore non è improbabile senza mascherine e rende inutile qualunque tampone antecedente.

    I test antigenici rapidi richiesti ai viaggiatori, poi, sono capaci di rilevare solo il 55% dei positivi asintomatici e il 75% di quelli sintomatici, secondo una revisione del gruppo Cochrane pubblicata a luglio.

    Il tampone molecolare, o PCR, oltre a essere più preciso, offre anche più chance di contenere quantità di virus sufficienti per il sequenziamento.

    1. Avatar Davide Bassi

      L’approccio francese mi sembra più razionale rispetto a quello fin qui seguito dalle Autorità sanitarie italiane. Sappiamo – fin dall’inizio di questa pandemia – che i positivi asintomatici (o che non hanno ancora manifestato sintomi) sono efficaci diffusori del virus e che l’unico modo per bloccare il virus alle frontiere sarebbe quello di costringere a lunghe quarantene TUTTI coloro che entrano in Italia. Si tratta della strategia adottata fino a poche settimane fa dalla Cina. Ma per un Paese come l’Italia l’idea di chiudere le frontiere non avrebbe alcun senso.

      Intelligente l’idea francese di fare il tampone molecolare a campione anche agli asintomatici. Bisogna usare il test molecolare perché il tasso di falsi negativi dei test antigenici è troppo alto per poter fornire dati attendibili. Il test molecolare può essere completato con un sequenziamento, operazione essenziale per tenere sotto controllo l’arrivo di nuove varianti virali.

      Mi auguro che il Ministero della salute italiano prenda atto dei limiti dell’approccio fin qui seguito e rimoduli i controlli tenendo conto delle idee che arrivano dal resto d’Europa.

  3. Avatar Da Fanpage
    Da Fanpage

    Covid: “Se aumentano casi,
    consiglieremo mascherine al chiuso, ma nessun obbligo”

    Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha assicurato che nel caso peggiorasse la situazione epidemiologica verrà consigliato l’uso di mascherine al chiuso, ma senza alcun obbligo:

    “Siamo per consigliare, puntiamo sulla responsabilità dei cittadini. Spero non ci sia più una situazione come quella di 3 anni fa”.

    A proposito dell’obbligo di test per chi arriva dalla Cina ha aggiunto: “Non è una norma discriminatoria verso nessuno: proprio perché dalla Cina non abbiamo avuto informazioni scientifiche completamente attendibili in questa fase abbiamo raccomandato la massima prudenza. L’ordinanza che ho firmato sui tamponi alle persone che arrivano dalla Cina terminerà il 31 gennaio, quindi è una misura di precauzione”.

    Al momento comunque non sarebbero state individuate varianti nuove: “L’obiettivo è sequenziare i risultati dei campioni positivi per andare a verificare se nei passeggeri in arrivo dalla Cina sono presenti delle varianti del virus SarsCoV2 diverse da quelle note. Finora siamo assolutamente tranquilli perché tutti i casi campionati dimostrano che sono tutte varianti di Omicron già presenti sul nostro territorio nazionale” ha detto ancora il ministro,

    sottolineando che “nei primi voli arrivati a Malpensa dalla Cina era positivo un passeggero su 2, mentre nei voli arrivati a Fiumicino la percentuale è scesa tra il 10 e il 20%”. 

    continua su: https://www.fanpage.it/politica/covid-schillaci-se-aumentano-casi-consiglieremo-mascherine-al-chiuso-ma-nessun-obbligo/

  4. Avatar Da Il Post
    Da Il Post

    Un rapporto da poco diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha confermato che la migliore protezione contro le formi gravi di Covid-19 è stata rilevata in presenza di una sorta di “immunità ibrida”, che comprende quindi quella indotta dalla vaccinazione e quella dovuta a una infezione da coronavirus.

    Al di là dell’infezione, comunque, i vaccini si sono mostrati molto importanti nel ridurre il rischio di malattia grave.

    Il rischio di avere forme gravi di Covid-19 è 80 (OTTANTA) volte maggiore tra le persone non vaccinate e che non hanno mai avuto una diagnosi di infezione da Coronavirus.

    https://www.ilpost.it/2023/01/04/coronavirus-covid-19-situazione-italia/?homepagePosition=17

  5. Avatar Da Repubblica
    Da Repubblica

    5 GENNAIO 2023

    Covid, la mancanza di regole
    Luca Ricolfi – repubblica.it

    Mai, da quando è scoppiata la pandemia di Covid, l’opinione pubblica si era trovata in uno stato di sospensione come quello attuale. Ad alimentare questo stato d’animo contribuiscono almeno tre fattori.

    Il primo è la mancanza di indicazioni concordi da parte del mondo scientifico riguardo alle categorie per le quali si raccomanda la vaccinazione. Dopo l’epoca “vaccinatevi tutti, anche i bambini piccoli”, si è passati a una fase di maggiore moderazione e selettività, in cui l’indicazione prevalente è di vaccinare i cosiddetti fragili e gli anziani (ma la soglia non è chiara: 65 anni? 60? 50?).

    La ratio di questo mutamento di prospettiva non è chiarissima, e probabilmente è il risultato di un mix di ragioni: con la variante omicron la letalità del Covid appare significativamente diminuita (secondo taluni sarebbe addirittura inferiore a quella dell’influenza); l’elevatissimo numero di infezioni del 2022 ha allargato significativamente l’area dell’immunità naturale; gli studi sugli effetti avversi hanno rafforzato il sospetto che il bilancio costi/benefici del vaccino non sia positivo per tutte le fasce d’età e per tutte le condizioni.

    Il secondo fattore che alimenta il nostro stato di sospensione è il cambiamento di governo, da taluni percepito come propedeutico a un sostanziale mutamento di approccio al problema del Covid. Penso che questa percezione sia fondamentalmente errata, in almeno due sensi: nel corso del 2022 il governo Draghi era già diventato ben poco restrittivo, tollerando un numero di infezioni giornaliere che un anno prima avrebbe fatto scattare l’allarme; quanto al nuovo governo, per ora non vi sono tracce dei rimedi (cure domiciliari e ventilazione meccanica controllata) su cui Fratelli d’Italia tanto aveva puntato quando era all’opposizione. Resta il fatto che il cambio di governo alimenta la nostra incertezza su quale politica sanitaria ci riserverà il futuro.

    Infine, il terzo fattore di sospensione è la Cina. I tamponi sui passeggeri cinesi in arrivo negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa fanno ipotizzare che, in questo momento, i contagiati possano essere mezzo miliardo di persone. Di qui il timore che emergano nuove varianti pericolose, un timore amplificato dall’imminente capodanno cinese (22 gennaio), che farà spostare milioni di persone dai paesi occidentali alla Cina e ritorno. Difficile dimenticare che, nel 2020, l’epidemia esplose in Italia poche settimane dopo quelle festività. E che, anche allora, si pose il problema dei controlli aeroportuali, ben poco efficaci se attuati da un solo paese e limitati ai voli diretti con la Cina.

    Che fare, dunque?

    La risposta spetta al governo e alle autorità sanitarie. Come comune cittadino, mi sentirei, forse, di raccomandare una cosa soltanto: che una risposta vi sia, e sia motivata.

    Perché lo stato di sospensione in cui siamo gettati non fa bene né al nostro morale, né alla vita sociale, né all’economia. Dopo tre anni di Covid, quello cui tutti aspiriamo è un ritorno il più celere possibile a un ragionevole regime di (relativa) normalità. Il che significa che ci vogliono regole chiare, e che i mutamenti delle regole devono essere spiegati e resi comprensibili.

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