Un materiale “camaleonte” per edifici a basso consumo energetico

Si stima che i consumi energetici per il riscaldamento invernale e per il raffrescamento estivo degli edifici corrispondano a circa il 15% dei consumi energetici globali. Qualsiasi politica volta a minimizzare i consumi energetici e le emissioni di gas serra non può prescindere da una forte azione volta a ridurre drasticamente i consumi energetici degli edifici. Fino ad oggi sono stati sviluppati principalmente sistemi di isolamento “passivo“. Un articolo apparso su Nature Sustainability introduce un nuovo tipo di materiale attivo, in grado di modificare il suo “colore” infrarosso, modificando il modo con cui gli edifici scambiano energia con l’ambiente circostante. L’applicazione estensiva di questi materiali di nuova generazione potrebbe portare ad una consistente riduzione dei consumi energetici (e delle relative bollette!).

Chi leggesse questo post dopo aver seguito il dibattito “lunare” che sta accompagnando la proposta europea di migliorare l’isolamento energetico degli edifici “colabrodo” potrebbe rimanere sconcertato. Il documento approvato ieri a Bruxelles a larga maggioranza prevede di portare la maggior parte delle abitazioni europee alla classe di isolamento D (in pratica dimezzando i consumi energetici rispetto al livello degli edifici energeticamente meno isolati).

Una proposta di buon senso anche alla luce dei forti rincari registrati dal mercato energetico. Nel caso dell’Italia ci saranno certamente dei problemi legati alla vetustà del nostro patrimonio edilizio, ma si tratta senz’altro di obiettivi raggiungibili, soprattutto se si imposterà una seria politica di sostegno pubblico per i proprietari meno abbienti.

Purtroppo in Italia molti politici hanno colto la palla al balzo e stanno aizzando i cittadini contro la Commissione Europea colpevole – a loro avviso – di “esproprio della sacra proprietà immobiliare“. Nel frattempo – all’estero – c’è chi ha capito il rilievo strategico ed economico del problema e sta sviluppando tecnologie di nuova generazione dedicate allo sviluppo di abitazioni energeticamente “intelligenti“.

Parliamo – in particolare – di materiali di tipo attivo che superano l’approccio tradizionale basato sul semplice isolamento (il ben noto “cappotto“) e che – a seconda della stagione – possono essere facilmente riprogrammati. L’idea è quella di ricoprire la superficie esterna degli edifici con pannelli che d’inverno consentano alla radiazione infrarossa di entrare all’interno degli edifici contribuendo a riscaldarli, mentre d’estate svolgano la funzione opposta.

Il tutto avviene sfruttando il fenomeno dell’elettrocromismo, ovvero la possibilità di modificare – tramite un campo elettrico – le proprietà ottiche di un materiale. Questo fenomeno è già stato utilizzato in edilizia per costruire vetri che si possono oscurare tramite un comando elettrico, senza bisogno di usare delle tende (lo stesso principio ha trovato applicazione anche in aviazione consentendo di sviluppare finestrini d’aereo oscurabili elettricamente).

Schema di principio dei pannelli attivi proposti per la gestione termica degli edifici (Crediti: University of Chicago PME – Hsu Group)

Sui, C., Pu, J., Chen, TH. et al. Dynamic electrochromism for all-season radiative thermoregulation. Nat Sustain (2023). https://doi.org/10.1038/s41893-022-01023-2

Il “trucco” utilizzato per modificare le proprietà del pannello mostrato in figura consiste nello spostare tramite un processo elettrochimico reversibile un film di rame (Cu) che – a seconda dell’utilizzo del pannello – viene posizionato sopra o sotto ad uno strato di elettrolita acquoso. Questo permette di modificare l’emissività infrarossa del pannello da un valore minimo pari a 0,07 fino ad un valore massimo pari a 0,92. In pratica si cambia il “colore” infrarosso del pannello, adattandone le proprietà fisiche alle esigenze stagionali.

Ovviamente prima di poter affermare che questa sia un’idea vincente bisognerà valutare con grande attenzione sia i costi di produzione che la stabilità nel tempo del sistema. Il fatto che il pannello usi – sia pure in piccolissima quantità – metalli preziosi come oro e platino avrà comunque una significativa incidenza sui costi di produzione. Inoltre, il processo elettrochimico che permette di “spostare” lo schermo di rame potrebbe essere causa di problemi nel lungo periodo, soprattutto in presenza di particolari impurezze.

L’idea è comunque molto interessante anche perché – a differenza dei tradizionali cappotti costituiti da grossi spessori di materiali isolanti – i nuovi pannelli possono avere uno spessore molto ridotto e potrebbero essere più facilmente utilizzati come retro-fit per edifici storici.

In conclusione, mentre in Italia ci attardiamo in discussioni di retroguardia, la tecnologia va avanti ed offre nuove opportunità di risparmio energetico e di sviluppo economico.

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