I finti e-fuel basati sulla anidride carbonica generata dai combustibili fossili

La recente decisione europea legata al possibile uso dei cosiddetti e-fuel per alimentare le nuove auto dotate di motore a combustione interna ha portato l’attenzione sui processi produttivi di questa nuova generazione di combustibili. Il limite principale degli e-fuel è legato ai costi che sono decisamente più elevati rispetto a quelli dei combustibili di origine fossile. Una parte significativa dei costi è legata al processo di cattura della CO2 che – in linea di principio – dovrebbe essere estratta dall’atmosfera in modo da riciclare quella stessa anidride carbonica che viene rilasciata al momento dell’utilizzo. Per ridurre i costi degli e-fuel c’è chi ha proposto di utilizzare l’anidride carbonica immagazzinata negli impianti di CCS (Carbon Capture and Storage).

Il futuro mercato degli e-fuel dipenderà criticamente dalla capacità di produrre questa nuova generazione di combustibili a prezzi competitivi. Attualmente i costi di produzione sono molto elevati e dipendono da molti fattori. Uno degli elementi più importanti è legato al costo della CO2 che dovrebbe essere estratta dall’atmosfera in modo da innescare un ciclo carbonicamente neutro tra il momento della produzione del carburante e quello della sua combustione.

Purtroppo la CO2 è presente nell’atmosfera con concentrazioni relativamente basse (pari a poco più dello 0,04%) ed il processo di estrazione ha alti costi a causa degli elevati consumi energetici. I costi si potrebbero ridurre considerevolmente se, invece di prelevare la CO2 dall’atmosfera, si potesse disporre di fonti gassose ad elevata concentrazione di CO2.

La proposta che circola attualmente è quella di attingere la CO2 dai sistemi di CCS (Carbon Capture and Storage) ovvero dalle riserve sotterranee nelle quali si pensa di immagazzinare l’anidride carbonica emessa dai combustibili fossili che alimentano centrali termoelettriche ed altri impianti industriali. Tuttavia va notato che in questo caso si produrrebbero solo degli e-fuel dimezzati. In particolare, bruciando un combustibile fossile si produrrebbe CO2 che successivamente, reagendo con idrogeno “verde“, formerebbe il combustibile di sintesi. Questo, bruciando nel motore di un’auto, libererebbe in atmosfera la CO2 che era stata originariamente generata bruciando il combustibile fossile.

In pratica, a parità di energia liberata, si dimezzerebbero le emissioni di anidride carbonica. Un vantaggio – dal punto di vista climatico – rispetto alla situazione attuale, ma certamente non la soluzione “carbon-neutral” che viene dichiarata dai sostenitori degli e-fuel.

Risposte a “I finti e-fuel basati sulla anidride carbonica generata dai combustibili fossili”

  1. Avatar Dal Post
    Dal Post

    GIOVEDÌ 30 MARZO 2023

    Australia: il parlamento ha approvato un’importante legge
    per ridurre davvero le emissioni di anidride carbonica

    Il parlamento australiano ha approvato un’importante legge per ridurre l’impatto di una serie di impianti industriali inquinanti sull’ambiente, considerata la più ambiziosa in oltre un decennio.

    Le strutture interessate dalle nuove norme vanno dagli impianti di gas naturale liquefatto alle miniere di carbone e alle fonderie di alluminio, che attualmente rappresentano circa un quarto delle emissioni di anidride carbonica prodotte in Australia.

    L’obiettivo della legge è ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica (CO2), che sono la causa principale del cambiamento climatico, entro il 2030. Prevede che oltre 200 impianti riducano il proprio inquinamento del 4,9 per cento all’anno a partire dal 1° luglio.

    Il parlamento australiano ha approvato la legge dopo che il governo laburista del primo ministro Anthony Albanese era riuscito ad assicurarsi il sostegno del partito ambientalista e di centrosinistra Australian Green e di alcuni senatori indipendenti: l’attuazione di ambiziose politiche ambientali era stata parte della campagna elettorale di Albanese.

  2. Avatar Maurizio Pizzini
    Maurizio Pizzini

    Buongiorno prof. Bassi.
    Immagino che lei abbia visto l’ultima puntata di Piazzapulita su La7 con l’intervista ad Alverà, ex Ad SNAM RETE GAS.
    Ho visto che lui parla in particolare di distribuzione del metano sintetico addirittura nelle case. Avevo sentito dire che la rete di distribuzione attuale del metano fossile non era adatta per questo utilizzo per via della porosità delle tubazioni attuali che libererebbe idrogeno in atmosfera. Qui però Alverà parla di CH4 sintetico uguale alla struttura fossile e non mette limitazioni di alcun genere per la distribuzione del gas sintetico. Come sta realmente questa questione? Complessivamente cosa le sembra dell’operazione che si sta sviluppando in Germania che Alverà ha ben descritto a Piazzapulita?

    1. Avatar Davide Bassi

      Il metano “verde” è il più semplice dei combustibili di sintesi e si ottiene dalla combinazione di idrogeno “verde” (ottenuto per elettrolisi dell’acqua tramite energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili) con anidride carbonica. Anche per il metano “verde” si pone il problema dei forti costi di produzione e del modo con cui si ricava la CO2 necessaria per realizzare il processo di sintesi.

      Nel caso specifico descritto nell’intervista apparsa su Piazzapulita si fa riferimento ad un sistema di recupero della CO2 presso gli utilizzatori finali del metano “verde” con successivo trasporto fino agli impianti di produzione degli e-fuel. Si tratta di un sistema piuttosto complesso e costoso. Temo che i costi produttivi del metano “verde” prodotto in questo modo non saranno particolarmente competitivi.

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