Nomine di Stato: tra Descalzi e Cattaneo ne rimarrà uno solo?

Nel corso degli ultimi giorni abbiamo assistito alla consueta sceneggiata legata al rinnovo degli incarichi di vertice delle principali aziende controllate dallo Stato. C’è stata una battaglia senza esclusione di colpi che ha coinvolto le principali forze di governo. È rimasto deluso chi pensava che il premier Meloni riuscisse a decidere tutto da sola. Alla fine c’è stata la consueta spartizione così come avveniva nella prima Repubblica sulla base del famoso Manuale Cencelli. Le scelte fatte sono attente agli equilibri di potere tra le diverse forze politiche, ma sembrano trascurare gli effetti indotti sul nostro Paese. Gli amministratori delegati di ENI ed ENEL (Descalzi e Cattaneo) hanno visioni ortogonali e la loro convivenza non sarà facile.

Vi risparmio tutte le considerazioni più o meno moralistiche sulle nomine nelle aziende controllate dallo Stato. Per antica tradizione, i partiti di governo si azzannano furiosamente per assegnare il maggior numero di poltrone ai loro protetti, mentre i partiti di opposizione assistono silenti, pronti a comportarsi allo stesso modo non appena arriveranno al potere.

Durante gli ultimi giorni Roma è stata l’epicentro di uno scontro accesissimo che ha visto – da una parte – il premier Meloni decisa a lasciare agli altri partiti di governo solo le briciole. La rinnovata coalizione Lega-Forza Italia ha fatto muro e, alla fine, è riuscita a piazzare un “carico da 90” ottenendo l’incarico di amministratore delegato di ENEL per Flavio Cattaneo, mentre l’incarico di presidente è andato ad una vecchia volpe del mondo delle partecipate statali, quello stesso Paolo Scaroni che – Berlusconi presidente – aveva reso il nostro Paese quasi totalmente dipendente dalle forniture di gas russo. Per intenderci, Paolo Scaroni è la stessa persona che – a suo tempo – bocciò l’idea di estendere la rete dei rigassificatori italiani perché “tanto non servono”.

La scelta fatta per ENEL rappresenta una clamorosa sconfitta per Claudio Descalzi, amministratore delegato confermato di ENI e – fino a ieri – gran consigliere del Governo Meloni per le questioni energetiche. A lui si deve il lancio dell’evanescente “Piano Mattei”, così come la disastrosa presa di posizione italiana sui biocombustibili. Per intenderci, sotto la dirigenza di Descalzi, ENI ha per anni spacciato come biocombustibili i carburanti ottenuti partendo dall’olio di palma (esattamente quello che abbiamo smesso di mettere nei biscotti perché viene prodotto distruggendo le foreste tropicali). Solo dopo le fiere proteste e le denunce di diverse associazioni ambientaliste, ENI ha recentemente chiuso con le importazioni di olio di palma dalle piantagioni indonesiane e si è impegnata ad alimentare le sue bioraffinerie solo con oli di frittura esausti (pensate a quanti fritti misti dovranno mangiare gli italiani per produrre una quantità apprezzabile di biodiesel).

Fin qui il pregresso, ma il meglio deve ancora avvenire. Non è un mistero infatti che Flavio Cattaneo abbia grandi ambizioni e si sia molto speso con il premier Meloni per sostenere l’idea di fondere ENEL ed ENI per costruire un grande polo italiano dell’energia. Le due società hanno una capitalizzazione simile (rispettivamente circa 60 e 45 miliardi di Euro), ma la loro situazione finanziaria è molto diversa. In particolare, i bilanci di ENEL sono gravati da oltre 50 miliardi di debiti accumulati negli anni per sostenere l’acquisizione di impianti per la produzione di energia elettrica in varie parti del mondo. Il recente aumento dei tassi di interesse ha influito molto negativamente sui bilanci di ENEL. Nel corso degli ultimi 5 anni, la spesa per il pagamento degli interessi è aumentata mediamente del 7% all’anno, mentre gli utili sono calati del 3,6%. Purtroppo, per quanto riguarda il debito, il peggio deve ancora venire.

Il quadro debitorio di ENI è molto meno preoccupante. Il totale dei debiti ammonta a circa 13 miliardi e la spesa per il pagamento degli interessi è cresciuta mediamente del 5% nel corso degli ultimi 5 anni. Nello stesso periodo di tempo gli utili sono cresciuti del 16% circa. Recentemente ENI ha esteso le sue attività attraverso la controllata Plenitude che si occupa di energie rinnovabili occupando anche mercati che sarebbero di naturale competenza di ENEL (ad esempio quello delle colonnine di ricarica delle auto elettriche).

Da un punto di vista finanziario e industriale, l’idea di arrivare ad una fusione tra ENEL ed ENI potrebbe avere alcuni elementi di razionalità. Da una parte permetterebbe di “diluire” l’enorme debito di ENEL in attesa che la cessione di attività estere consenta di ridurne sensibilmente la consistenza. La fusione permetterebbe inoltre di realizzare consistenti economie di scala (leggi licenziamenti di personale non strettamente necessario) evitando duplicazioni soprattutto nei settori che richiedono maggiori investimenti per il futuro (ad esempio, la progressiva sostituzione delle stazioni di distribuzione dei carburanti di origine fossile con infrastrutture per la ricarica di auto elettriche e per la distribuzione di idrogeno verde).

È evidente a tutti che la prima delle “economie di scala” si realizzerebbe tagliando le strutture dirigenziali, partendo proprio dai vertici. Potete quindi capire perché questa mattina Claudio Descalzi sia particolarmente nervoso: si era illuso fino all’ultimo di essere il “gran ciambellano” in grado di dire sempre l’ultima parola sulle questioni energetiche ed ora si trova ENEL affidato ad un duo agguerritissimo, pronto a sparigliare le carte disegnando scenari che – per lui – potrebbero rivelarsi disastrosi.

L’arrivo dell’amico Roberto Cingolani alla testa di Finmeccanica non basterà a consolare Descalzi anche perché Cingolani si troverà ad affrontare un ambiente fortemente ostile considerata la sua palese inesperienza nel settore degli armamenti e potrà fare ben poco per spalleggiarlo nel caso in cui si arrivi ad uno scontro tra ENEL ed ENI.

Fin qui abbiamo discusso delle tensioni che coinvolgono gli addetti ai lavori. Ma la domanda che tutti ci poniamo è: “quale sarà l’effetto di queste scelte sul futuro energetico italiano?”.

Se si dovesse innescare una guerra per la supremazia tra i vertici di ENEL e quelli di ENI gli effetti sul Paese potrebbero essere disastrosi. I tempi sono estremamente difficili e non possiamo certamente sprecare tempo in guerre aziendali che rischiano di far perdere al Paese importanti occasioni di crescita. Preoccupa – in particolare – che non ci sia una posizione chiara sui temi della transizione energetica. Capisco che chi vende petrolio consideri il passaggio alle energie rinnovabili come una vera e propria iattura, ma non possiamo andare avanti come se niente fosse, senza definire un piano energetico serio ed equilibrato.

Piaccia o non piaccia, nel corso dei prossimi anni ci sarà un forte aumento dei consumi di energia elettrica che l’Italia attualmente produce in gran parte partendo da combustibili fossili. La recente siccità ha determinato un crollo della produzione di energia idroelettrica che, a causa della crisi del gas naturale, è stata sostanzialmente sostituita dall’energia prodotta dalle vecchie centrali termiche alimentate a carbone. Senza contare che oltre il 10% dei nostri consumi elettrici sono sostenuti dalle importazioni dall’estero (soprattutto dalle centrali nucleari poste in prossimità dei nostri confini).

Se vogliamo affrontare il futuro in modo consapevole, non basteranno le azioni di greenwashing o la retorica del “Piano Mattei”. Dovremo aumentare sostanzialmente la nostra capacità di produrre ed immagazzinare energia elettrica, riducendo le emissioni di anidride carbonica ed affrontando investimenti colossali che il bilancio di ENEL attualmente non consente. Una sinergia tra ENEL ed ENI è – a mio avviso – indispensabile e pazienza se qualche top-manager diventerà inutile.

Questo è il problema che un Governo responsabile dovrebbe affrontare, spiegando agli italiani quali sono le soluzioni che intende adottare e gli obiettivi quantitativi che intende perseguire. Temo però che, una volta spartite le poltrone, la discussione sui temi energetici scompaia dai radar della politica e sia affidata alle scaramucce tra manager di Stato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.