Possiamo concretamente pensare ad un’Italia indipendente dal punto di vista energetico e ad emissioni zero?

In Italia molti (stra)parlano di sovranità, ma sembrano dimenticare che la prima sovranità che il nostro Paese dovrebbe preoccuparsi di raggiungere è quella energetica. Oltre a salvaguardare le tasche degli italiani, elimineremmo alla radice i ricatti di natura geo-politica a cui siamo sottoposti da parte dei fornitori internazionali di combustibili fossili (e dalle grandi compagnie che li commercializzano). Tale traguardo potrebbe essere raggiunto ricorrendo solo ad energie rinnovabili, azzerando le emissioni di anidride carbonica. In Italia chi propone di seguire questa strada è spesso tacciato di essere un “sognatore inconcludente“, ma nella vicina Svizzera ci stanno pensando per davvero e hanno avviato studi approfonditi per capire quali siano le scelte migliori da adottare. Una sintesi di questi studi è stata recentemente pubblicata sulla rivista Frontiers in Energy Research

Attualmente la Svizzera ha un sistema energetico non molto diverso rispetto a quello italiano, largamente basato sull’importazione di combustibili fossili provenienti dall’estero. La produzione di energia elettrica è basata sull’uso combinato di centrali idroelettriche e nucleari. La recente crisi energetica ed altri eventi come la forte siccità che c’è stata durante l’ultimo anno hanno messo in evidenza i limiti del sistema attuale. A questo va aggiunto che le centrali nucleari svizzere sono tutte di II generazione e sono ormai prossime alla fine del loro ciclo di vita. Nel corso dei prossimi 10 – 20 anni tutte le centrali nucleari svizzere dovranno essere spente ed inizierà la costosissima fase di smantellamento degli impianti.

Di fronte a tale situazione, anche gli svizzeri si stanno domandando quale potrà essere il loro futuro, sia dal punto di vista dei costi energetici che da quello dell’impatto climatico. Un gruppo di ricercatori della prestigiosa Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL) e della Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO) ha affrontato il tema del futuro energetico svizzero domandandosi se sia possibile arrivare – entro il 2050 – ad un sistema che non faccia più uso di combustibili fossili, né dell’energia nucleare (considerato che entro il 2050 le attuali centrali saranno state tutte chiuse ed – al momento – non c’è alcun progetto per costruirne di nuove).

I risultati di questo studio sono stati pubblicati in un articolo apparso sulla rivista Frontiers in Energy Research. Il contenuto dettagliato dell’articolo non è di facile comprensione per i non addetti ai lavori, ma le conclusioni principali possono essere così riassunte:

  • La Svizzera (poco meno di 10 milioni di abitanti) potrebbe rispondere a tutte le sue esigenze energetiche (energia elettrica, riscaldamento, trasporti ed energia per le attività industriali) rinunciando completamente ai combustibili di origine fossile e ricorrendo solo alle energie rinnovabili che – oggi – non sono ancora adeguatamente sfruttate (solare, eolico, biomasse, idroelettrico e geotermico di profondità).
  • Per ottenere questo risultato bisognerà investire non solo sulle nuove sorgenti energetiche, ma anche sui sistemi di accumulo dell’energia (sia quelli a batteria che quelli idroelettrici) e sulle reti di distribuzione dell’energia elettrica, nonché sullo sviluppo delle reti di distribuzione di idrogeno.
  • Per quanto riguarda gli impianti di distribuzione dell’energia elettrica, i maggiori interventi riguarderebbero le linee a bassa e media tensione, mentre le attuali linee di trasmissione a voltaggio più elevato sono già adeguate per soddisfare le richieste poste dal nuovo scenario energetico.
  • Risulta evidente che i singoli interventi sono strettamente interconnessi l’uno all’altro e che – per ottenere un risultato ottimale – la trasformazione del sistema energetico dovrà essere gestita senza improvvisazioni, garantendo un approccio integrato ai diversi aspetti della produzione, dell’accumulo e del trasferimento dell’energia.

Le conclusioni dello studio svizzero non possono essere immediatamente traslate alla realtà italiana che è molto diversa sia per quanto riguarda le dimensioni che per la morfologia del territorio. Comunque non va dimenticato che l’Italia gode di due innegabili vantaggi rispetto alla Svizzera. In particolare, c’è una parte importante dell’Italia (centro-sud) che ha un potenziale di raccolta dell’energia solare decisamente più importante rispetto a quello svizzero, mentre l’Italia è circondata dal mare e può quindi pensare ad installare impianti eolici off-shore che sono più efficaci e meno impattanti rispetto a quelli installati in un territorio montano.

Va anche detto che le infrastrutture per il trasporto dell’energia elettrica in Italia sono decisamente meno sviluppate rispetto a quelle svizzere (in Italia si dovranno fare forti investimenti anche per quanto riguarda la trasmissione di energia elettrica ad alta ed altissima tensione).

Pur tenuto conto delle specifiche differenze, viene spontaneo domandarsi come mai in Italia, invece di perdere tempo con l’inconcludente “Piano Mattei“, non ci decidiamo una buona volta ad affrontare seriamente il tema della transizione energetica, costruendo un modello di sviluppo delle energie rinnovabili coerente e ben definito.

Sarebbero investimenti destinati a produrre benefici duraturi nel nostro Paese e a generare vantaggi tangibili per tutti i cittadini. Purtroppo vedo che – in Italia – le scelte strategiche in tema di energia sono delegate dai politici ai mercanti di petrolio e, quando si affronta il tema della transizione energetica, sento solo tante chiacchiere inconcludenti.

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