L’aumento della temperatura media del nostro pianeta è un fenomeno globale, ma gli effetti dannosi prodotti da tale processo non saranno gli stessi per tutti. In generale le classi sociali più povere saranno più esposte agli effetti del cambiamento climatico perché avranno a disposizione meno risorse finanziarie per difendersi. Ma la vera differenza ci sarà a livello geografico: alcuni Paesi saranno più esposti di altri ed anche spostamenti di poche frazioni di grado potranno fare la differenza. Uno studio pubblicato recentemente su Nature Sustainability analizza il problema e presenta un quadro dei possibili effetti a livello globale.
Di fronte al problema del riscaldamento globale qualcuno potrebbe ingenuamente immaginare che tutti si preoccupino seriamente di quanto sta accadendo e, con spirito collaborativo, ciascuno faccia del suo meglio per affrontare il problema.
In realtà le cose stanno in un modo completamente diverso. Nel corso degli ultimi anni stiamo assistendo ad una pericolosa polarizzazione politica che porta molte persone ad affrontare il problema in modo ideologico invece che scientifico. Addirittura ci sono molti leader politici che in un perfetto stile “Don’t look up” arrivano a negare l’esistenza del problema, incuranti del disastro che stiamo provocando.
Le motivazioni di questo atteggiamento sono piuttosto semplici. Purtroppo i provvedimenti che dovremmo assumere per limitare i danni provocati dal riscaldamento globale potranno avere un impatto negativo di breve termine che sarà molto differenziato a livello di cittadinanza (ad esempio, l’abbandono dei motori a combustione interna potrà mettere in seria difficoltà coloro che sono occupati nel settore “automotive” più tradizionale). Un “buon Governo” dovrebbe intervenire per sostenere coloro che sono danneggiati dai provvedimenti assunti a favore del clima, ma per fare ciò è necessario un approccio competente. Molto più semplicemente, taluni preferiscono non fare nulla, negando l’evidenza e spostando in avanti il problema. Almeno nel breve periodo questo atteggiamento può pagare in termini di consenso elettorale.
A questo si aggiunge il fatto che l’impatto del riscaldamento globale sarà senz’altro più rilevante per le classi sociali più povere. Chi non può permettersi di vivere in una casa costruita secondo le regole energetiche più moderne e di spostarsi verso zone più temperate quando la calura raggiungerà livelli insopportabili sarà certamente più esposto ai danni dell’aumento delle temperature medie.
Ma la principale differenza non sarà tra le classi sociali di uno stesso Paese, quanto tra Paesi diversi. Alcuni Paesi sono più esposti degli altri: il caso classico è quello delle isole del Pacifico che saranno sommerse o rese comunque inabitabili a causa del progressivo innalzamento del livello dei mari, ma il problema riguarda anche Paesi molto più grandi ed intensamente popolati come, ad esempio, l’India o la Nigeria.
Uno studio pubblicato recentemente su Nature Sustainability analizza questo problema e trae conclusioni molto preoccupanti. Anche se alcuni Paesi particolarmente freddi potrebbero addirittura trarre vantaggio dai fenomeni che stanno accadendo a livello globale, per molti altri il futuro si preannuncia particolarmente fosco. In particolare:
- I problemi a livello globale incominceranno a diventare significativi quando l’aumento della temperatura media globale supererà il livello di 1,2°C (appena al di sopra del valore attuale). Per ogni ulteriore aumento di 0,1°C ci saranno circa 140 milioni di persone che subiranno pesanti conseguenze, tali da complicare in modo sostanziale la loro esistenza.
- Ipotizzando una popolazione futura di 9,5 miliardi di persone ed un aumento della temperatura media globale di 2,7°C, l’India sarebbe il Paese più colpito in assoluto con più di 600 milioni di abitanti coinvolti. Se il riscaldamento fosse contenuto in 1,5°C, questa cifra sarebbe di gran lunga inferiore, circa 90 milioni.
- La Nigeria sarebbe in assoluto il secondo Paese più colpito: 300 milioni di abitanti esposti in caso di aumento della temperatura media globale pari a 2,7°C, valore che si riduce a “soli” 40 milioni con un riscaldamento di 1,5°C.
- Con un aumento di 2,7°C, quasi il 100% di alcuni paesi, tra cui il Burkina Faso e il Mali, diventeranno pericolosamente caldi per l’uomo. Il Brasile avrebbe la più vasta area terrestre esposta a un caldo pericoloso, mentre l’effetto sarebbe decisamente ridotto se il riscaldamento globale fosse limitato a 1,5 °C. A 2,7°C anche l’Australia e l’India registrerebbero un massiccio aumento di territori che rischierebbero di diventare inabitabili per l’uomo.
Possiamo facilmente immaginare quale sarà l’effetto sulle migrazioni già in atto dall’Africa all’Europa. Solo uno sprovveduto può illudersi di poter “aiutare a casa loro” decine (o forse addirittura centinaia) di milioni di persone che saranno costrette ad abbandonare i territori dove attualmente vivono, diventati inabitabili a causa del riscaldamento globale.
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