Eolico “offshore” all’italiana: avanti piano!

L’Italia è circondata da più di 7.500 km di coste. Lo sviluppo di impianti eolici localizzati in mare (i cosiddetti impianti eolici “offshore“) potrebbe coprire una fetta significativa dei nostri bisogni energetici. Non tutte le coste italiane sono adatte ad ospitare tali impianti e ci sono vari problemi di natura tecnologica che andrebbero risolti, ma le opportunità sono numerose e molto concrete. Eppure – almeno fino ad oggi – è stato realizzato un solo impianto che vivacchia cercando di sopravvivere all’asfissiante burocrazia italiana.

Nell’ambito della fiera Zero Emission che si svolgerà ad ottobre a Roma è stato incluso un evento denominato Eolica Meditterranean che intende fare il punto sullo sviluppo degli impianti eolici nel Mediterraneo con particolare riferimento ai cosiddetti impianti offshore.

Le tecnologie eoliche offshore sono molto sviluppate nel Nord Europa grazie alle particolari condizioni del vento che assicurano una produzione di energia piuttosto stabile. Gli impianti più datati sono stati localizzati in acque poco profonde (fino a circa 50 metri) utilizzando infrastrutture fisse (vere e proprie piccole isole artificiali). Oggi si preferiscono strutture galleggianti che vengono semplicemente ancorate nella zona d’operazione. Tali sistemi sono molto più flessibili, meno impattanti rispetto all’ambiente marino e possono essere installati a maggiore distanza dalla costa dove le acque sono più profonde (fino a circa 1.000 metri).

Come qualsiasi altro sistema di generazione di energie rinnovabili, anche gli impianti eolici offshore presentano alcune controindicazioni. In particolare, producono rumore che può disturbare la fauna marina e possono rappresentare un ostacolo per il volo degli uccelli migratori. Va detto che questi problemi – che comunque devono essere attentamente considerati – sono decisamente inferiori rispetto a quelli posti da impianti eolici di grandi dimensioni localizzati a terra, in prossimità di centri abitati.

Dal punto di vista paesaggistico i problemi possono essere fortemente ridotti installando gli impianti eolici offshore ad una adeguata distanza dalla costa.

Per quanto riguarda le tecnologie eoliche, l’Italia non possiede una filiera produttiva completa, ma ospita aziende controllate dai grandi costruttori del Nord Europa che forniscono diverse componenti.

L’alternativa è costituita – come al solito – dalla Cina che è in grado di fornire sistemi di buona qualità ad un prezzo competitivo grazie anche al suo predominio nel mercato delle cosiddette “terre rare” (critiche per la costruzione delle turbine eoliche).

L’Italia ha invece un forte settore cantieristico navale, fondamentale per la costruzione delle navi e delle altre strutture galleggianti utilizzate negli impianti eolici offshore, oltre ad essere fortemente competitiva nella fornitura delle reti elettriche che collegano i campi eolici marini alla terraferma. Inoltre l’Italia ha forti competenze nell’installazione e nella gestione di impianti in mare aperto.

Questa lunga introduzione ci fa capire che lo sviluppo del settore eolico offshore rappresenterebbe per l’Italia non solo l’opportunità di accedere ad una crescente quota di energie rinnovabili, ma aprirebbe anche nuovi mercati per molte aziende italiane, incluse alcuni veri e propri “gioielli di famiglia” (come ad esempio Saipem) che attualmente dipendono quasi esclusivamente dal mercato (calante) delle esplorazioni petrolifere.

Per completare la presentazione, va detto che l’andamento dei venti che registriamo lungo le coste italiane è molto diverso rispetto a quello tipico dei mari del Nord Europa. Non sempre le pale eoliche che sono disponibili commercialmente sono ottimizzate per sfruttare al meglio le caratteristiche tipiche dei venti mediterranei. Sarebbe quindi necessario avviare anche un lavoro di ottimizzazione degli impianti che potrebbe contribuire a migliorarne il rendimento quando sono installati alle nostre latitudini.

Questo è un tipico caso di “gatto che si morde la coda“: attualmente gli impianti offshore sono progettati tenendo conto dell’andamento tipico dei venti del Nord Europa. Per migliorare il rendimento degli impianti installati nel Mare Mediterraneo bisognerebbe investire risorse adeguate, ma questo non si fa perché il mercato del Sud Europa è ancora tutto sommato marginale. L’Italia avrebbe le capacità di ricerca e di sviluppo industriale per colmare le lacune esistenti, ma nessuno si muove (sarebbe stato un ottimo progetto da finanziare con i fondi PNRR).

Secondo le stime del Global Wind Energy Council l’Italia avrebbe la potenzialità per installare impianti eolici offshore con una potenza che sfiorerebbe i 200 GW. Le zone più vocate si trovano quasi esclusivamente in Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia. Attualmente l’unico impianto offshore funzionante (installato di fronte alle coste pugliesi) e quelli in fase di progettazione più o meno avanzata arrivano complessivamente ad una potenza pari a circa 2 GW.

Le possibilità di sviluppo del settore eolico offshore sono enormi, purché qualcuno si decida a fare chiarezza sulle procedure burocratiche da adottare. Attualmente gli impianti eolici offshore non sono esplicitamente considerati dalle normative nazionali ed i nostri burocrati applicano “per estensione” norme di carattere generale. Talvolta questo modo di fare produce risultati disastrosi. Sarebbe quindi importante capire quali siano le regole da rispettare e chi abbia la competenza per il rilascio delle autorizzazioni e la sorveglianza degli impianti.

In conclusione c’è ancora tanto lavoro da fare, ma non mancano le opportunità per favorire lo sviluppo delle imprese italiane e per creare qualificati posti di lavoro. Purché ci si muova!

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