Una delle soluzioni proposte per contrastare l’effetto serra provocato dall’utilizzo dei combustibili fossili consiste nello sviluppo di sistemi che rimuovano l’anidride carbonica presente nell’atmosfera e – successivamente – la immagazzinino in depositi sotterranei per un congruo numero di anni. Le tecnologie di cattura e sequestro della CO2 sviluppate fino ad oggi non sono particolarmente efficaci e questo ne limita fortemente l’utilizzo. Una ricerca sviluppata dall’ETH di Zurigo propone un nuovo metodo che potrebbe aiutare a migliorare sostanzialmente i sistemi di cattura dell’anidride carbonica.
I sistemi di cattura e sequestro dell’anidride carbonica sono stati oggetto di ampie e vivaci discussioni nel corso degli ultimi anni. C’è chi – specialmente tra i sostenitori dei combustibili di origine fossile – è convinto che grazie a tali sistemi sia possibile evitare la transizione energetica e continuare a soddisfare i nostri bisogni energetici secondo uno schema “business as usual“. Il punto di vista opposto è quello di molti attivisti del clima che ritengono che rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera sia solo una sfacciata ed inutile forma di greenwashing.
Un’analisi il più possibile oggettiva non può che prendere atto dei forti limiti che attualmente caratterizzano i sistemi di cattura e sequestro dell’anidride carbonica. La prima fase del processo prevede che grandi volumi d’aria vengono fatti scorrere attraverso mezzi (in genere liquidi) in grado di fissare l’anidride carbonica. Una volta che l’assorbitore è saturo bisogna rimuovere la CO2 per trasferirla nel “magazzino” finale (tipicamente si utilizzano pozzi di petrolio o di gas naturale esauriti). Per effettuare questa operazione è necessario scaldare l’assorbitore a temperature molto elevate e questo comporta un notevole consumo di energia.
Il nuovo sistema proposto dai ricercatori dell’ETH sfrutta il fatto che l’anidride carbonica si fissa in modo stabile quando l’aria attraversa un liquido con un pH basico. Viceversa – quando il pH diventa acido – la CO2 viene liberata (esattamente come succede nella Coca Cola!).
L’idea è quella di usare una particolare molecola (merocianina protonata) che – in soluzione acquosa – libera protoni (crea un ambiente acido) quando viene illuminata, mentre al buio la soluzione diventa basica.
In pratica la cattura della CO2 avviene facendo gorgogliare l’aria attraverso una soluzione di merocianina protonata tenuta rigorosamente al buio. Una volta che la soluzione ha raggiunto il livello massimo possibile di cattura della CO2 basta illuminarla per ottenere il rilascio della CO2.
L’idea è brillante, anche se ci sono alcuni elementi che richiedono un ulteriore sviluppo. La merocianina ha una solubilità limitata e non è stabile per molto tempo quando viene disciolta in acqua. Il problema può essere risolto – almeno in parte – aggiungendo alla soluzione acquosa una ulteriore molecola (tecnicamente si parla di un solvente aprotico) che migliora sensibilmente le prestazioni e la stabilità nel tempo della merocianina.
Aldilà degli aspetti tecnici che richiedono ulteriori approfondimenti, l’approccio proposto dai ricercatori ETH è molto promettente perché potrebbe consentire di ridurre considerevolmente i consumi energetici del processo di rilascio della CO2 catturata dall’assorbitore.
Ovviamente questa è solo una parte del processo. Una volta catturata, la CO2 deve essere immagazzinata in modo efficace e stabile e questo è tutto un altro problema. Ma se si riuscisse a sviluppare l’idea dei ricercatori ETH si sarebbe fatto comunque un importante passo in avanti verso la realizzazione di sistemi di cattura ed immagazzinamento dell’anidride carbonica più efficaci.
In una prospettiva di medio periodo (da oggi fino 2040) – in attesa che venga completata un’ampia transizione energetica – i sistemi di cattura e sequestro della CO2 potrebbero comunque contribuire a mitigare i danni del riscaldamento globale (senza comunque illudersi che possano costituire un’alternativa alla transizione).
Lascia un commento