C’è il torio nel futuro dell’energia nucleare?

Il concetto originale fu ideato da Carlo Rubbia molti anni fa, ma – almeno fino ad oggi – non è mai andato oltre al livello di proposta. In pratica, si parte dal torio un elemento leggermente radioattivo che si trova in natura ed è molto più abbondante dell’uranio. Il torio (massa atomica 232) non è un elemento fissile, ma può essere trasformato in un isotopo fissile dell’uranio (massa atomica 233) grazie ad un processo indotto dall’assorbimento di neutroni che viene chiamato transmutazione. L’idea è stata raccolta da una start-up svizzera (Transmutex SA) che attualmente sta raccogliendo fondi per sviluppare il suo primo prototipo di centrale. Questa tecnologia si caratterizza per il fatto che la fissione avviene in condizioni sub-critiche. Ciò comporta un considerevole aumento della complessità dell’impianto, ma assicura garanzie di sicurezza intrinseca elevatissime.

Il rinnovato interesse per l’energia nucleare vista come una alternativa “low-carbon” ai combustibili fossili ed i ben noti limiti delle attuali centrali nucleari stanno stimolando lo sviluppo di tecnologie nucleari innovative che possano soddisfare livelli di sicurezza intrinseca molto più stringenti e producano una quantità limitata di scorie radioattive. Si richiede inoltre che tali tecnologie non possano essere utilizzate per la proliferazione degli armamenti nucleari.

Una delle proposte più intriganti fu elaborata da Carlo Rubbia alla fine del secolo scorso, ma – almeno fino ad oggi – non ha ancora trovato una applicazione pratica. L’idea di base è quella di usare come combustibile nucleare il torio, un elemento che in natura esiste come isotopo 232 debolmente radioattivo ed molto più abbondante dell’uranio. Il concetto originale fu ideato da Carlo Rubbia molti anni fa, ma – almeno fino ad oggi – non è mai andato oltre al livello di proposta.

In pratica, si parte dal torio (massa atomica 232) che non è un elemento fissile, ma può essere trasformato in un isotopo fissile dell’uranio (massa atomica 233) grazie ad un processo indotto dall’assorbimento di neutroni che viene chiamato “transmutazione“. L’idea è stata raccolta da una start-up svizzera (Transmutex SA) che attualmente sta raccogliendo fondi per sviluppare il suo primo prototipo di centrale.

La nuova tecnologia si caratterizza per il fatto che la fissione avviene in condizioni sub-critiche. Ciò comporta un considerevole aumento della complessità dell’impianto, ma assicura garanzie di sicurezza intrinseca elevatissime.

Produrre la transmutazione del torio non è semplice: si deve partire da un fascio di protoni che viene accelerato ad alta energia tramite un acceleratore (simile a quelli che si usano nella protonterapia o negli esperimenti di fisica delle particelle). Il fascio di protoni viene iniettato nel cuore del sistema dove si trova un materiale che assorbe i protoni emettendo neutroni. Questi ultimi agiscono sul torio trasformandolo nell’isotopo 233 dell’Uranio che subisce il processo di fissione liberando calore.

Secondo lo schema ideato da Transmutex il tutto avviene in un “cuore” termalizzato da piombo fuso che raccoglie l’energia liberata dal processo di fissione e la trasporta ad uno scambiatore di calore dove viene prodotto vapore acqueo ad alta pressione. Da qui in poi lo schema di funzionamento è quello classico di una centrale nucleare: il vapore alimenta una turbina che genera energia elettrica.

Rendering della centrale a transmutazione proposta da Transmutex SA. Il fascio di protoni viene generato nell’acceleratore circolare (visto in sezione e colorato in verde) e viene successivamente iniettato nel “cuore” della centrale (posta in profondità nel terreno) dove avviene la produzione di neutroni che provocano la transmutazione del torio e la successiva fissione del 233U

Strettamente parlando l’impianto proposto da Transmutex andrebbe definito un amplificatore di energia: il sistema non si auto-sostiene e si spegne entro pochi millisecondi se viene a mancare il fascio di protoni. In pratica l’impianto amplifica l’energia apportata dal fascio di protoni.

In una centrale nucleare “tradizionale” la fissione produce neutroni in eccesso che a loro volta provocano la fissione di altri atomi del combustibile nucleare (reazione a catena). L’unico modo per bloccare il processo di fissione è quello di estrarre completamente le barre di combustibile nucleare dal “cuore” del reattore.

Risulta abbastanza chiaro che il sistema proposto da Transmutex è caratterizzato da un livello di sicurezza intrinseca elevatissimo. L’impianto non può “sfuggire di mano” ai suoi gestori come accaduto a Černobyl o a Fukushima Dai-ichi semplicemente perché qualsiasi malfunzionamento del sistema ne provocherebbe l’immediato spegnimento.

Inoltre l’utilizzo del torio riduce a livelli molto bassi la produzione di scorie nucleari di interesse militare. In particolare – a differenza di quanto avviene con i reattori alimentati ad uranio – non si produce plutonio in quantità apprezzabile e questa è una forte garanzia rispetto ad un possibile utilizzo bellico dei sottoprodotti dell’energia nucleare.

Va anche detto che l’impianto proposto da Transmutex (analogamente a quanto avverrà per le altre centrali di IV generazione) potrà essere utilizzato per “bruciare” le scorie radioattive caratterizzate da tempi di decadimento particolarmente lunghi prodotte dalle centrali nucleari “tradizionali“. Questo contribuirà a risolvere l’enorme problema dello smaltimento sicuro di alcuni rifiuti nucleari che – tenuti nei depositi – continuerebbero ad emettere radiazioni per alcune centinaia di migliaia di anni (ottenendo una quantità limitata di scorie che decadranno entro un massimo di 300 anni).

Fin qui abbiamo visto i punti di forza della proposta elaborata da Transmutex. Non mancano i punti di debolezza: in particolare quello legato alla complessità dell’impianto che combina tecnologie abbastanza ben sviluppate (a parte quella relativa all’utilizzo del piombo fuso), ma certamente molto complicate e costose. Lo spazio occupato e l’investimento iniziale sono ambedue considerevoli, anche se gli indubbi vantaggi in termini di sicurezza intrinseca dell’impianto potrebbero risultare decisivi per favorirne l’accettazione sociale.

Non sorprendentemente, i tempi di realizzazione del reattore proposto da Transmutex non saranno affatto brevi. Si parla indicativamente di 10 anni, ben sapendo che spesso i progetti nucleari sono soggetti a rallentamenti inaspettati. Per il momento Transmutex sta raccogliendo fondi: recentemente è stato annunciato il successo di un finanziamento pari a circa 20 milioni di Euro destinato a sostenere la progettazione avanzata del suo prototipo.

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